E bastata una tenda davanti al Politecnico di Milano per il caro affitti a fare dire urbi et orbi che non siamo un paese che pensa al diritto allo studio.
La protesta,poi,che si è estesa a Roma,Bologna, Torino ,Padova,Firenze etc,ha messo in prima pagina un problema che riguarda il caro affitti in generale nelle grandi città.
La politica si accorge che in Italia ci sono appartamenti sfitti a migliaia e che il 76 per cento degli italiani ha una casa.
Con un dettaglio.
Tra i proprietari di case ci sono quelli che hanno acceso un mutuo che non possono pagare e ci sono quelli che ci speculano a 600 euro a stanza a Milano e Roma,altri che sono vuoti ad esempio.
Così gli studenti fuori sede che non solo non usufruiscono di incentivi a livello europeo,ma come si sa, patiscono le contraddizioni di un sistema scolastico rimasto arretrato,sperimentano che l’Italia è un paese per vecchi.
Chi ha i soldi, può,chi ha una famiglia di ceti proletarizzati dalle crisi, si arrangia.
Ma allora i ragazzi del nuovo secolo sono proprio dei pappamolle, senza identità, se non si sono ribellati a ingiustizie palesi?
È infatti ormai notizia quasi quotidiana che fra i banchi di scuola cresce l’ansia da prestazione ,il terrore del brutto voto,la tragedia di chi dice di essersi laureato e poi compie gesti suicidali perché gli/ le manca un esame.
A parte il fatto che il disagio giovanile negli Usa miete stragi da film dell’orrore,e che anche nei paesi più evoluti sembra che più di professori si necessita di psicologi,il fenomeno va preso sul serio.
L’abbandono scolastico fin dalle medie, la selezione di una classe di giovani che certamente andrà a formare il capitale umano riservista nel mondo del lavoro,la selezione della classe dirigente affidata ai licei a scapito di istituti tecnici e professionali, pesa su un sistema scolastico crociano e gentiliano mai cambiato nei contenuti.
Per alcuni esperti è una fortuna perché il Belpaese non può rinunciare alla sua tradizione umanistica,per altri quasi una sciagura perché la massa giovanile è sottratta alla competizione del lavoro manuale del mercato.
Certo che i 4 comminati a man bassa,la ferocia con la quale alcuni insegnanti custodiscono la Kultur umanistica, non risolve il problema.
E si’ che gli studenti universitari non sono secondi a nessuno,vedi come siano richiesti all’estero.
Eterno quesito: se il prof respinge quasi tutta la classe sono gli studenti che non studiano o lui che non è capace?
Se un prof.universitario c’è ogni tanto,se manca personale,se tutto è all’insegna dell’arte di arrangiarsi come fai a garantire un Welfare educativo?
Addenda
Ho insegnato per 40 anni storia e filosofia in licei di grande prestigio,ma ho anche esercitato la mia professione in carcere e in istituti tecnici e professionali in zone periferiche e disagiate.
Ho sempre stimato chi mi stava di fronte,non ho mai derogato ad una severità scientifica,mi sono sempre rifiutato però di essere un cane da guardia delle giovani generazioni.
Ho conosciuto docenti bravissimi che erano saggi nella gestione dei voti,altri brocchi in tutto,facevano della severità lo scudo protettivo della loro insipienza.
Il problema,forse, è che i giovani oggi difficilmente si ribellano,oppure quando lo fanno si ritirano dalla scuola.
Che non è un luogo di competizione,ma presidio di tolleranza e democrazia.

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