Brano tratto da ” 1943 l’ Asse si spezza, la guerra è persa”,da 1939 – 1945 Il racconto della guerra giusta Vol. II di Pierluigi Raccagni

Gratuito dal 21 al 25 aprile,nuovo

1943 LA GUERRA CIVILE

Dopo l’8 settembre e dopo il costituirsi della Repubblica di Salò, la catastrofe italiana si trasformò in guerra civile. Non è in queste pagine però che si può parlare del fenomeno resistenziale italiano nei suoi molteplici aspetti.

La dizione di “guerra civile”, e non resistenza con le sue varie distinzioni, è ormai entrata nel linguaggio storico.

Prima “la guerra civile” era un’espressione che veniva usata da ex – fascisti, neofascisti e reazionari per indicare in termini provocatori una situazione di fatto.

Grazie all’opera di Claudio Pavone, “Una Guerra civile , saggio storico sulla moralità nella resistenza”, sintesi veramente grandiosa di decenni di ricerche storiografiche, la resistenza in Italia si è liberata anche da interpretazioni negazioniste, ( a parte qualche furbesca interpretazione italiana contro la Resistenza molto in voga in questi ultimi anni), da parte dei vinti e retoriche da parte dei vincitori.

Pavone, nel suo libro, divide il periodo che va dal 1943 al 1945 in tre capitoli centrali che prendono il titolo di guerra patriottica, guerra civile, e guerra di classe.

Le chiavi di lettura della tragedia italiana sono le chiavi di lettura di avvenimenti diversi, di stati d’animo, di scelte esistenziali, politiche, culturali che hanno attraversato l’anima o la pancia del popolo italiano in quel periodo.

Indubbiamente la resistenza proiettava gli italiani nel “nuovo”: la ricerca di nuovi valori era la sostanza dell’azione antifascista.

Chi si opponeva ai “ribelli”, senz’altro con coraggio e credo politico era comunque ancorato alla tradizione fascista, a quei valori di patria che si identificavano con il Duce, con la sua demagogia, con il suo trionfalismo di facciata e di parata.

Non si può omettere però che quella posizione poteva anche essere considerata sincera:

Scrisse un Repubblicano fascista, come riporta Romano Battaglia in “Storia della resistenza”, che si sentiva parte di una“Gioventù di ferro”, ma non era mai stato fascista,come si intende generalmente. Eppure aveva combattuto volontario, una guerra che chiamiamo fascista, partecipando così all’ultimo periodo di questa guerra, con alle spalle un tricolore, con l’emblema del fascio dentro.

L’armistizio Badogliano, in tutta la sua manifesta ambiguità, aveva cancellato, secondo i neofascisti Repubblicani, quei valori per cui altri soldati avevano versato il sangue:

“Avevo vent’anni e pensavo che una guerra si può anche perdere, ma che si deve perderla con onore: che non si passa da una trincea all’altra dall’oggi al domani, che non si tradiscono i morti per ingraziarsi i vivi che vincono, che non si tradisce la parola data; che non si può dire a chi ha creduto in una causa e per essa si è battuto,

“ abbiamo scherzato, mettiamoci da questa parte”.Non era più questione di fascismo e antifascismo, di re o di Duce, ma solo questione d’Italia”.

Cfr.Gianni Oliva, Vinti e liberati, op.cit. pag.168

Onore, patria, rispetto, fedeltà alla parola data, odio verso il nemico tedesco, odio verso i collaborazionisti: la resistenza in Italia e in Europa diventerà guerra civile europea.