Mario, 43 anni, nome di fantasia, tetraplegico marchigiano,da 10 anni soffre le pene dell’inferno.
La sua non è vita, tanto da fargli dichiarare ” la vita è la più bella cosa che abbiamo,ma la mia non è vita”.
Dopo un battaglia legale di oltre un anno ha ottenuto il salvacondotto per il suicidio assistito dall’agenzia unica di esperti della regione Marche, che ha individuato nel farmaco Tiopentone la via giusta per l’eutanasia.
” Fate presto,basta con le torture”aveva fatto sapere Mario tramite i suoi legali.
L’accanimento terapeutico non va bene nemmeno per la Chiesa cattolica, da sempre refrattaria all’intervento della scienza sui destini sacri di ogni vita.
In seguito alla sentenza Cappato – dj Fabo del 2019 ,Mario dovrebbe avere i requisiti necessari per il suo estremo viaggio: la sua vita vegetativa, la sua patologia irreversibile, la sua sofferenza fisica e psicologica,la sua volontà libera lo rendono innocente davanti alla presunta colpa morale e civile di rinunciare alla vita.
Adesso in assenza di una legge sul fine vitae Mario dovrà lottare ancora per la sua scelta.
La legge sull’eutanasia,infatti,giace da anni in Parlamento per la solita indecisione della politica.
Proprio ieri la Corte costituzionale non ha ammesso il referendum sul fine vita.
Cappato e i radicali,che parlano di passo indietro della democrazia,non fanno della demagogia.
La legislazione in questo caso non ha pietà dei malati consenzienti a porre termine al dolore irreversibile del vivere in un letto,alimentati con macchine senza la possibilità di continuare una vita in sé e per sé.
Il tema è delicatissimo,per chi soffre è radicale.
Il sapere di sè, l’autocoscienza, non sono invenzioni filosofiche, giudicare il volere di Mario, quello di non soffrire,è orribile solo nell’atto.
Ci vuole chiaramente una legge che sia la sintesi fra morale e diritto come tutte le leggi che rispettino diritti individuali e armonia con gli altri,quella che Hegel chianava eticità.
Inutile continuare la polemica fra chi crede che la vita sia un dono di Dio e non un aggregato di atomi.
Il suicidio assistito non è un viaggio su una navicella spaziale: non c’è ritorno almeno nell’aldiqua, bisogna essere onesti con il proprio dolore per tentare di capire quello degli altri.
Non si fa a cuore leggero,il dolore del mondo sta nel coraggio di Mario.
Non stimare Mario non è possibile.
E ciò di cui non si sa,meglio tacere.

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