Adesso la paura sta nell’inflazione.

Così gli inserti di economia e finanza salutano la prospettata fine della pandemia e il ritorno alla normalità, che per gli italiani impoveriti significa non avere manco la commiserazione dell’emergenza.

I dati sono significativi, caro bollette, caro gas, caro benzina, caro caffè, caro giornali…. caro amico ti scrivo di un aumento del 4,8 % su base annua che, sempre secondo fonti attendibili, almeno per un giorno, non accadeva dal 1996.

Le vendite al dettaglio nel 2021 sono aumentate del 7,9 per cento, però il ministro Cingolani ricorda che il caro energia si mangerà una fetta del Pnrr.

In piena pandemia, in questi due anni, lo ricordiamo tutti, la paura era la deflazione, cioè il fatto che la chiusura degli esercizi pubblici e il deserto consumistico facevano risparmiare quegli italiani che potevano spendere e portava ancora più povertà a quelli che già erano poveri.

Non manca giorno che i media più vicini al liberismo capitalista denuncino che i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri: bassi salari che non recuperano l’inflazione, welfare che sta sospeso sul reddito di cittadinanza, difficoltà nella messa in opera del Pnrr.

Viene da ridere pensando ai cori di diniego verso Landini e lo sciopero generale di dicembre che chiedevano attenzione verso il mondo del lavoro, del precariato, della disoccupazione etc.

Viene da piangere riflettendo sul grande plauso degli stessi coristi a Bergoglio che, ospite da Fazio in che “Tempo che fa”, ha ribadito con naturale e profonda semplicità che è importante volgere uno sguardo verso il basso per aiutare chi lì è caduto, oppure chi da lì non si è mai rialzato.

Insomma si assiste ad una corsa virtuosa a parole verso” la democrazia proletaria”, senza toccare di una virgola l’apparato di repressione della forza lavoro che consiste nei lavori sottopagati e nelle migliaia di situazioni dove giovani e donne sono sfruttati senza regole.

A questo punto vien da chiedersi se tutta questa messinscena della crisi istituzionale sia solo un gioco delle parti / partitiche, un risiko di riforme da attuare, che non prevedano costi per chi ha già di suo in abbondanza.

Per me e forse anche per chi legge è così.

Oggi chi è socialdemocratico viene considerato filo brigatista, tanto reazionaria, sfacciata e insolente è la cultura della disuguaglianza come incentivo all’intrapresa competitiva individuale, dello star bene seppellendo chi sta male.

Ai derelitti non rimane che sperare che oltre al papa in terra straniera, qualcuno in Italia si dedichi ai chi ha meno.

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