Brano tratto dall’ebook Operazione Barbarossa e Pearl Harbour guerra totale, da 1939 – 1945 Il racconto della guerra giusta, vol, I di Pierluigi Raccagni
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- IL GORGOGLIO DELL’ACQUA
Finalmente il 3 luglio dopo la crisi di fine giugno Stalin prese la parola.
Doveva ribaltare una situazione dove lui stesso aveva dapprima negato l‘evidenza dell’aggressione, aveva diffidato dei suoi generali che aveva decimato in purghe orribili e sanguinose, era fuggito davanti al momento della verità.
E quel discorso, che sembrava esitante, pieno di pause e intervalli per ingollare rumorosamente un sorso d’acqua fu impressionante dal punto di vista psicologico fin dalle prime parole:
“Compagni, cittadini, fratelli e sorelle, combattenti del nostro esercito e della nostra marina (…)”.
Mai aveva parlato con tale semplicità al cuore della sua gente. Pur palesando qualche esitazione, interrompendosi spesso per bere dell’acqua, il suo monito alle sorelle e fratelli dell’Unione Sovietica fece breccia.
Spiegò con efficacia i punti cardini della giusta guerra per la difesa della Patria, termine estraneo al suo vocabolario politico
“Questa guerra ci è stata imposta e la nostra patria ha intrapreso una lotta per la vita e per la morte contro il suo nemico più malvagio e più perfido il fascismo tedesco. Le nostre truppe combattono eroicamente contro gravi disparità, contro un nemico pesantemente armato di migliaia di carri e di aerei (…)
Il nemico è crudele e spietato.
Egli mira ad arraffare la nostra terra, il nostro grano, il nostro petrolio. Egli vuole restaurare il potere dei padroni delle terre, ristabilire lo zarismo e distruggere la cultura nazionale dei popoli dell’Unione Sovietica…e trasformarli in schiavi di principi e baroni germanici. Non vi è posto nelle nostre fila per i piagnucoloni e i vili, per i disertori e i seminatori di panico. Il nostro popolo deve essere impavido nella lotta e combattere disinteressatamente la nostra guerra patriottica di liberazione contro gli oppressori fascisti”.
Cfr. Alexander Werth. op. cit. pag. 177
Evoco’ grandi eroi della storia russa, fece appello ad una grande Guerra Patriottica contro “demoni e cannibali” che potevano essere battuti.
È stato da più parti osservato che la dichiarazione di guerra di Stalin era contro la Germania fascista, ma anche contro i piagnucoloni, vili e disfattisti.
Stalin proseguì coerentemente la sua politica del terrore: contro i nazisti, ma anche contro coloro i quali non sottostavano alla mobilitazione generale.
Una legge sulla precettazione al lavoro obbligò le donne dai 18 ai 45 anni a costruire otto ore al giorno fortificazioni, difese rudimentali, trappole anticarro: fu allungata la giornata lavorativa di tre ore, tutte le ferie vennero sospese.
Fu promulgato il famoso ordine 270 che condannava come “traditori della patria” tutti coloro che si arrendevano o cadevano prigionieri.
I comandanti che fallivano la difesa venivano arrestati, fu dato a Beria l’ordine di epurare quegli ufficiali che non davano garanzie politiche, che si dimostravano disfattisti, arrendevoli.
D’altronde il giuramento dei soldati sovietici era la sintesi dell’eroismo del popolo russo e della spietatezza staliniana: “Io cittadino dell’URSS, dal momento in cui entro a far parte dell’Armata Rossa degli operai e dei contadini, faccio giuramento e promessa solenne di essere un combattente valoroso attento e disciplinato, degno dell’onore dell’Armata Rossa, di rispettare rigorosamente i segreti militari e di stato e di obbedire senza esitazioni a tutti gli ordini di servizio e prescrizioni di comandanti, commissari politici e graduati. (…).
In ogni istante sono pronto a combattere agli ordini del governo degli operai e dei contadini, per la mia patria, l’URSS, e, come combattente dell’Armata Rossa degli operai e dei contadini, giuro di difenderla valorosamente, oculatamente, con dignità e con onore, senza risparmiare la mia vita né il mio sangue per raggiungere la vittoria finale sul nemico.
Qualora io dovessi intenzionalmente venir meno a questo mio solenne giuramento, mi meriterò la dura punizione della legge sovietica, l’odio e il disprezzo di tutti i lavoratori”.
Cfr. Enzo Biagi, La seconda guerra mondiale

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