Tratto da 1939 -1945 il racconto della guerra giusta di P.L.Raccagni
Il Führer voleva fare la guerra alla Francia, attaccare l’Occidente, vendicare Versailles, distruggere la Polonia, annientare gli ebrei, pensare a liquidare il comunismo internazionale…
Un po’ troppo per i generali che avevano battuto la Polonia, ma che non
ritenevano la Germania in grado di iniziare una guerra anche a Occidente.
Così, come abbiamo visto per quanto riguarda l’autunno del 1938, in occasione della crisi dei Sudeti, si pensò di spodestare il caporale che voleva fare il generale senza averne le physique du rôle.
Franz Halder, generale in capo delle forze armate, pensò di liquidare Adolf Hitler con un colpo di stato.
Se Hitler fosse passato alla guerra vera, i vecchi piani golpisti del 1938 risultavano sempre buoni.
E qui cominciò il balletto delle responsabilità, i voltafaccia, la mancanza di coraggio, i soliti e irrinunciabili equivoci di ogni complotto.
Halder, che comunque voleva evitare il colpo di stato, voleva che Brauchitsch, andasse da Hitler esponendogli il punto di vista dei generali. Si puntava al colloquio chiarificatore che Hitler aveva concesso a Brau- chitsch per il 5 novembre 1939.
Così il nostro Brauchitsch andò da Hitler dicendogli che il tempo era cattivo, che insomma non si poteva attaccare la Francia con quel tardo autunno da lupi.
Hitler diede una risposta che forse avremmo dato anche noi. Semplicemente rispose che, se il tempo era cattivo, lo era anche per il nemico e che non era detto che in primavera le cose sarebbero andate meglio.
Ma l’errore di Brauchitsch andò oltre.
Il tentennante generale tedesco quando disse al Führer che le truppe avevano il morale sotto i tacchi peggio che nel 1917, il Piccolo Caporale non ci vide più. (Nel 1917 i soldati tedeschi, stanchi della carneficina, cominciarono a disertare, a manifestare segni di insubordinazione ecc.). Secondo il diario di Halder, unica fonte si presume attendibile, Hitler esplose in quei momenti di rabbia da far gelare il sangue.
Hitler urlò: “in quali reparti vi sono stati atti di indisciplina? Come? Dove?”
Si sarebbe recato lui in persona, aggiunse il caporale criminale, a verificare lo stato delle truppe.
Brauchitsch, che aveva esagerato nel descrivere la situazione delle truppe per cercare di dissuadere il Führer, fu preso in castagna dagli argomenti inconfutabili di Hitler che con la bava alla bocca aggiunse: “che misure sono state prese dal comando dell’esercito? Quante condanne a morte sono state eseguite?
La verità è che l’esercito non vuole combattere?”.
A Norimberga Brauchitsch ammise che la conversazione non poté più continuare e che la cosa finì lì.
Bastò dunque un attacco collerico di Hitler a mandare in frantumi il famoso complotto di Zossen, la località del comando dei generali golpisti.
Questo successe il 5 novembre.
L’8 novembre, invece, una bomba esplose nella birreria di Monaco ove Hitler si era recato a commemorare il putsch della birreria del 1923.
Hitler e i gerarchi nazisti si salvarono; Himmler e Goebbels cercarono di sfruttare l’episodio dando la colpa ai servizi segreti inglesi che mantenevano contatti con i generali tedeschi golpisti.
Dell’attentato non si seppe mai nulla di certo.
Fu accusato un certo Elser, un comunista che si trovava nel campo di concentramento di Dachau, che fabbricò la bomba in accordo con la Gestapo, facendo finta di essere in combutta con due ufficiali inglesi.
Il processo a Elser non fu mai fatto, e Himmler fece uccidere Elser il 16 aprile del 1945, per non lasciare traccia del finto complotto.
Ci voleva ben altro per far fuori il Signore del Male.

Rispondi