Brano tratto da Operazione Barbarossa e Pearl Harbour oggi gratuito,di Pierluigi Raccagni…
LA JUGOSLAVIA
Nella notte fra il 4 e il 5 aprile il ministro jugoslavo a Mosca fu convocato da Stalin.
Stalin in persona gli presentò, pronto per la firma, un patto di non aggressione fra lo stato slavo e la Russia sovietica.
Era troppo tardi e non se ne fece nulla.
L’esercito jugoslavo, naturalmente, non era attrezzato per una guerra contro i tedeschi, che erano al massimo della loro potenza.
È vero che contava 1 milione di uomini organizzato in 28 divisioni, ma gli aerei erano tutti antiquati, il materiale andava bene per le guerre balcaniche di venti anni prima.
Alle prime ore del 6 aprile 21 divisioni tedesche si trovarono pronte per l’attacco, 10 di queste erano corazzate.
Secondo alcuni storici l’esercito tedesco era all’apice della sua efficienza, molto più organizzato di quel 10 maggio del 1940 quando iniziò l’attacco a Occidente.
Il complesso di forze era appoggiato dall’aviazione di Göring.
L’attacco alla Jugoslavia, condotto dalla dodicesima armata di Wilhelm List, sostenuta dagli Stukas del gen. Wolfram Von Richthofen, aprì ufficialmente la campagna, mentre dall’altra parte sulla linea Metaxas, in Grecia, i tedeschi si lanciavano alla conquista di Salonicco.
Il bombardamento su Belgrado fu sconvolgente, un vero e proprio atto terroristico che causò oltre 3 mila morti.
La Jugoslavia, attaccata da più parti, non poteva che prendere atto che anche nel suo caso, come in quello della Polonia, l’entusiasmo popolare, lo stringersi a coorte erano sentimenti nobili, ma erano poca cosa di fronte alla macchina bellica nazista.
Gli italiani, sempre più avvoltoi e pronti a prendere le briciole dello strapotere nazista sul continente, avanzarono sul fronte albanese e co- minciarono una nuova offensiva contro la Grecia grazie al gen. Ambrosio e alle otto divisioni schierate nella Venezia Giulia, nella regione di Zara e sul fronte albanese.
Mussolini finalmente riuscì ad avanzare congiungendosi con le truppe tedesche in Macedonia.
Si rovesciò in questo modo il postulato mussoliniano del primato della politica sulla prassi militare.
La vittoria militare italiana era di fatto una sconfitta politica per il fascismo che nei Balcani e in Grecia chiudeva definitivamente quella che doveva essere una guerra autonoma e parallela.
La guerra era subordinata ai nazisti per i rapporti di forza espressi dai due regimi nel primo anno di guerra.
Basta vedere, a proposito, come vennero spartiti i Balcani.
- LA SPARTIZIONE DEI BALCANI E LA GRECIA
La spartizione dei Balcani avvenne nel seguente modo: la Jugoslavia cessava di esistere come stato.
La Germania incorporava nel Reich la parte settentrionale della Slovenia, assumendo il controllo militare della Vojvodina e del Kosovo set- tentrionale, così come capitò alla Serbia, dove i tedeschi affiancarono funzionari al governo collaborazionista del gen. Milan Nedić.
L’Ungheria si assicurò la ricca regione danubiana di Bačka.
La Bulgaria occupò la Macedonia jugoslava e alcune regioni meridio- nali della Serbia.
La parte più vasta del territorio jugoslavo smembrato venne onorato del titolo di stato indipendente di Croazia.
Qui entrava in scena l’Italia: il regno di Croazia venne affidato al Principe di Spoleto Aimone di Savoia, nipote del re Vittorio Emanuele III. Il potere di fatto venne esercitato da Ante Pavelić, fascista noto in Italia dagli Anni Trenta.
Pavelić aveva avuto aiuti per il suo movimento degli ustascia. Mise così in pratica una politica di genocidio contro serbi, comunisti ed ebrei.
All’Italia, comunque, fu assegnato un ruolo significativo, ma non autonomo.
Furono ammessi all’impero fascista Lubiana, Zara, già italiana sin dalla prima guerra mondiale, alcune zone vennero aggregate nel governatorato di Dalmazia, una striscia di terra fra la Slovenia e la Croazia fu accorpata al Regno italico.
Mussolini, come è stato notato da più parti, anche se ottenne un bottino non disprezzabile, mise solo un piede nello spazio vitale a Est. Il suo imperialismo debole lo vedeva relegato in una posizione subordinata anche nei Balcani, regione che il fascismo considerava naturale spazio di conquista se si pensa appunto, a Fiume, a Zara, alla Repubblica del Carnaro etc.
Per quanto riguarda la Grecia, i nazisti l’attaccarono con ventisei divisioni di cui tre corazzate attraverso la Bulgaria, base di partenza delle operazioni.
Una dopo l’altra le unità greche furono spazzate via.

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