Brano tratto dall’ ebook 1941 Operazione Barbarossa e Pearl Harbour: guerra totale compreso in 1939 -1945 il racconto della guerra giusta,vol 1 di Pierluigi Raccagni

Completamente gratuito dal 2 al 4 luglio

“Al di là dei tavoli gli ebrei con addosso solo la biancheria tremavano di freddo (…)

Dei Polizei ucraini separavano gli uomini e i ragazzi dalle donne e dai bambini piccoli (…)

Molti ebrei, camminando, intonavano canti religiosi, pochi tentavano di fuggire e quei pochi venivano subito bloccati dal cordone di sicurezza e abbattuti: dalla cresta si udivano distintamente le raffiche, soprattutto le donne cominciavano a farsi prendere dal panico. Ma non potevano fare niente.

Li dividevano in gruppetti e un sottufficiale seduto ad un tavolo li contava: poi i nostri Ascari li prendevano e li portavano sul ciglio del burrone (…) Gli ”imballatori” ucraini trascinavano il loro carico verso quei mucchi e li costringevano a sdraiarvisi sopra e accanto: allora gli uomini del plotone si facevano avanti e passavano lungo le file di persone seminude sdraiate, sparando a ciascuna un colpo di mitraglietta alla nuca”.

Cfr. Jonathan Littell, Le benevole, op. cit. pagg. 123, 124

Il collaborazionismo dei nazionalisti anticomunisti ucraini in questa circostanza portò la barbarie nazista alla solenne ouverture della soluzione finale: il morbo del nazifascismo non ottenebrava solo le menti di una parte cospicua del popolo del Terzo Reich, ma anche quelle dei popoli schiavizzati e ritenuti inferiori.

La Wehrmacht, la Gestapo e le SS erano felici di tale bad company. “(…) i tedeschi fermavano gli ebrei per strada o li prelevavano dalle case e li obbligavano a lavorare nelle prigioni. Al loro arresto partecipava anche la polizia ucraina appena costituita…Ogni mattina circa mille ebrei venivano presi e distribuiti nelle tre carceri. Alcuni venivano messi a spaccare il cemento e a riesumare i cadaveri. Altri venivano fucilati nei cortiletti interni delle prigioni (…)

A questo spettacolo brutale partecipavano gli ariani di L’vov. Vagavano a frotte nei corridoi e cortili godendosi le sofferenze degli ebrei”.

Cfr. Richard Rhodes, Gli specialisti della morte, op. cit. pag. 69

Quando venne conquistata Kiev il 24 settembre del 1941 esplosero in città una serie di bombe e mine che devastarono gli edifici dei comandi tedeschi.

Per rappresaglia furono radunati 30.000 ebrei con la falsa informazione che sarebbero stati trasportati e reinsediati in una nuova regione: Dopo aver consegnato gli oggetti di valore e i documenti furono costretti a spogliarsi; con minacce o colpi sparati al di sopra delle teste vennero condotti a gruppi di circa dieci sull’orlo di un burrone noto come Babij Jar. Molti furono percossi (…)

Dovettero stendersi bocconi sui cadaveri sotto di loro e attendere i colpi che provenivano dall’alto e da dietro; poi arrivava il gruppo successivo. Continuarono ad andare alla morte per 36 ore (…)

Una madre nuda passò quelli che presagiva come gli ultimi secondi di vita allattando il suo bambino: quando questo fu gettato vivo nel burrone, vi si lanciò a sua volta trovando così la morte. Solo nella fossa queste persone furono ridotte a nulla, o al loro numero: 33.761.

Poiché in seguito i corpi furono riesumati e arsi su pire e le ossa non bruciate vennero schiacciate e mescolate a sabbia, quanto resta di loro è il conteggio finale.

Cfr. Timothy Snyder op. cit. pagg. 38, 39, 40

Caduta Kiev, accerchiata Leningrado, ora l’attenzione di Hitler si rivolgeva di nuovo a Mosca.

D’altronde la disfatta in Ucraina dei sovietici era stata così clamorosa e rapida che la capitale dell’impero comunista sembrava una conquista alla portata di mano del genio del Piccolo Caporale, diventato il Napo- leone della pura criminalità politica.

Secondo il Führer “non si deve accettare la capitolazione di Mosca e Leningrado nemmeno se fosse stata offerta”. Hitler aveva deciso di cancellare Leningrado…

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Dal 2 al 4 a luglio gratuito