Il massacro di Gaza da parte dell’esercito israeliano, il lancio di razzi su Tel Aviv vedono contrapposti due stati, quello Palestinese e quello Israeliano, che ogni volta che si massacrano hanno bisogno del supporto mitologico della loro missione in Terra Santa, nel nome di un Dio metafisico che immetta odio nel Corano e nella Bibbia.

Scrivere sulla tragedia palestinese – israeliana, quando questi popoli sono passati dalla storia di olocausti ed usurpazioni apocalittiche nel secolo scorso, non è come analizzare lo scontro fra due ideologie, fra due nazioni, fra due fazioni.

I razzi di Hamas su Tel Aviv, le fionde dei ragazzi palestinesi contro i tank israeliani, le donne e i bambini morti nei raid omicidi israeliani su Gaza, paiono la contrapposizione biblica e coranica fra chi crede che il proprio Dio e la propria fede vogliano dire l’annientamento dell’altra umanità con la quale convivi, colpevole di non avere il tuo stesso sentimento religioso.

I sacerdoti del nichilismo in questi casi usano i fondamenti della religione per cogliere il sangue sacro della verità, oltre il mondo materiale.

La pioggia di missili e di bombe solca i cieli dei luoghi santi e della città sante, quelle che a catechismo, nell’Occidente cristiano, diventavano nomi familiari dopo che il sacerdote ti aveva parlato della Galilea, della Samaria, della Giudea, del Lago di Tiberiade, di Gerusalemme e della Buona Novella come il sorgere della speranza cristiana dell’amore e del perdono.

Vittime e carnefici, banalità e sentimentalismi diventano sentimenti totemici della moderazione che comunque non tralascia tifo da stadio per lo spettacolo della guerra in Tv

Chi tifa per la distruzione dello stato d’Israele o della Palestina ogni volta finge che esista una soluzione definitiva o finale della contrapposizione: ma in fondo vuole che l’altro viva nel terrore,nella privazione,nella discriminazione.

Chi erroneamente crede che la religione sia solo il rifugio oppiaceo dell’alienazione sulle pelle di un pezzo di umanità che dal 1948, anno di fondazione dello stato d’Israele con la sottrazione della terra alla Palestina, (liquidando la morte di Dio niciana come l’avvento di un superuomo che non abbia bisogno di un Dio,) è forse un illuso.

La paura del nulla, l’angoscia che in qualche modo saremo sempre presenti a noi stessi, anche se dannati, porta ai fondamentalismi religiosi… ideologici, politici.

In questi giorni a Ramallah e nella West Bank i palestinesi si sono radunati in occasione della ricorrenza della ” Nakba”( Catastrofe) che richiama l’esodo di 700.000 palestinesi costretti a lasciare le loro case dopo la prima guerra fra arabi e israeliani nel 1948.

Chi può dar loro torto?

Terra e sangue, religione e morte, il fondamentalismo sionista che fa comodo all’unità nazionale di Netanyahu, il fondamentalismo di Hamas che ha bisogno del martirio per essere credibile nell’Apocalisse dell’odio

Paradossale che il “lui”, l’ebreo, diventi il ” lui”, palestinese sulla pianata delle Moschee, una terra di culto, dove inizia, guarda caso, qualsiasi intifada o guerra nel nome di un Dio che abbia la faccia crudele della vendetta, dell’odio, della sopraffazione.

Rimanere alla cronaca, d’accordo, non azzardare ipotesi blasfeme, invocare l’intervento del consiglio di sicurezza dell’Onu, comprendere che la memoria dei popoli poggia su milioni di morti sono le cose da fare subito per gli uomini di buona volontà.

Ma come scrive Efgar Keret, autore e regista israeliano ” sarà tutto ok ..fino al prossimo conflitto”.

La constatazione della morte di Dio si attua nell’intolleranza religiosa, nel nazionalismo accattone del volkish populista: in fondo i fondamentalismi sono tutti alla ricerca di un Reich millenario.

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