Brano tratto da 1939 – 1945 Il racconto della guerra giusta di Pierluigi Raccagni

“Una guerra che non sia spietata esiste solo in cervelli esangui”. Così parlò Hitler ai suoi generali nell’agosto del 1939.

La notte del 31 agosto tutto era pronto.

La direttiva inviata dal Führer alle forze armate era chiara più della sua balbettante messinscena vittimista:

“visto che non possiamo trovare nessun mezzo pacifico per porre termine alla situazione intollerabile sulla frontiera orientale…l’attacco alla Polonia dovrà essere eseguito secondo le disposizioni previste nel Piano Bianco”

Data dell’attacco:

1° settembre 1939

ora d’attacco: 04:45

Situazione intollerabile per la Germania? Che sarà mai?

Anche qui poca fantasia, ma molta attitudine verso il crimine. I nazisti, non si inventavano proprio niente.

Bastava organizzarsi, per una carneficina coi fiocchi.

Da sei giorni Alfred Naujocks, intellettuale delle SS, figlio di un droghiere di Kiel, si trovava in quel di Gleiwitz, sulla frontiera polacca, in attesa di effettuare un attacco simulato polacco contro la stazione radio tedesca di quella cittadina.

Ci dovevano essere tanti finti attacchi polacchi alla povera Germania, che a sua volta, sarebbe stata nel diritto di contrattaccare: la principale delle mistificazioni doveva avvenire appunto a Gleiwitz.

Uomini delle SS, con uniformi polacche, cominciarono a sparare contro la stazione radio tedesca.

Erano stati portati dei detenuti, drogati, che erano internati nei campi di concentramento con uniformi tedesche.

Dopo una breve sparatoria gli uomini di Naujocks entrarono nell’edificio e lo occuparono il tempo necessario per trasmettere un comunicato in lingua polacca in cui in pratica si legittimava lo stato di guerra fra Polonia e Germania.

Sull’episodio c’era la lunga mano di un criminale tra i più amati da Hitler: Reinhard Heydrich, capo del servizio segreto tedesco, che il 10 agosto aveva incontrato Naujocks per concordare l’azione.

Vediamo come lo racconta Laurent Binet ne “Il cervello di Himmler si chiama Heydrich”, Torino 2011: “Sono passati quattordici giorni da quando lo Sturmbannführer delle SS Alfred Naujocks è arrivato in incognito nella città di Gleiwitz, alla frontiera fra Germania e Polonia, nella Slesia tedesca: ha minuziosamente preparato il suo misfatto e ora attende. Heydrich lo ha chiamato ieri a mezzogiorno, per chiedergli di definire un ultimo particolare con” Gestapo” Muller, che si è spostato di persona e alloggia nella vicina città di Oppeln.

Muller deve conferirgli il cosiddetto “barattolo di conserva”.

“Sono le quattro del mattino quando suona il telefono nella sua camera d’albergo. Afferra il ricevitore, gli chiedono di richiamare la Wilhelmstrasse.

All’altro capo del filo la voce acuta di Heydrich gli dice “la nonna è morta”. È il segnale che l’operazione Tannenberg può iniziare”.

A Varsavia si nutriva la speranza di un intervento francese.

Le speranze andarono deluse ben presto, non solo i francesi non attaccarono, ma a Est i sovietici entrarono in territorio polacco.

E che l’intervento francese e inglese era considerato una grazia divina ce lo spiega W. Szpilman: ne “Il pianista, op. cit. pag. 30

“Apprendemmo così che non avremmo più dovuto affrontare da soli il nostro nemico: avevamo un alleato potente e la guerra sarebbe stata sicuramente vinta, sia pur fra alti e bassi, sicché la nostra situazione nell’immediato non sarebbe migliorata. È’ difficile descrivere ciò che provammo nel sentire quel comunicato alla radio.

Mia madre aveva le lacrime agli occhi, mio padre singhiozzava senza vergogna e mio fratello Henryk ne approfittò per sferrarmi un pugno e per dirmi in tono irato: “ecco, te l’avevo detto, no?”.

La campagna militare fu senza storia: 14 divisioni corazzate tedesche fecero la differenza con la cavalleria polacca!

E poi la presunzione dei polacchi fece il resto.

Invece di organizzare linee difensive, il comando polacco aveva preparato contrattacchi che non ebbero nessun esito.

Le forze d’invasione meccanizzate naziste non faticarono molto a trovare direttrici di avanzata.

1939. IL SOGNO DI UN BAGNO DI SANGUE

Tutto si svolse come in un sogno.

Prima lo spavento per il richiamo dei riservisti, la soppressione dei treni viaggiatori, le restrizioni alimentari e l’introduzione delle tessere con la nazione allarmata che si vedeva rigettata nelle tragiche giornate del 1917.

Quindi il cielo sopra la Polonia che all’improvviso si oscurò.

Sulle teste dei polacchi cominciarono a cadere tonnellate di bombe.

In poche ore tutto il territorio fu messo a ferro e fuoco e Varsavia in quanto capitale, fu oggetto immediatamente di un attacco di inaudita ferocia da parte della Wermacht e degli Stukas.

Le autoblindo tedesche operavano a tenaglia, seguite dalla fanteria, effettuavano abili manovre, schiacciavano, massacravano proprio come sognava Hitler, proprio come desiderava Goebbels, proprio come Himmler e Göring si erano ripromessi di fare nelle loro suppliche al loro dio della guerra e della morte.

Non inizia solo la seconda guerra mondiale, è l’inizio di quello che doveva essere la fine della civiltà greco-cristiana: la trasmutazione dei valori nicciana era diventata filosofia della prassi, filosofia dello sterminio.

Il 3 settembre l’Inghilterra dichiarava guerra alla Germania, sei ore dopo gli inglesi, subito molto decisi, fu la volta della Francia, non altrettanto determinata.

Il metodo di Hitler fu quello del Blitzkrieg, cioè della guerra lampo. Più che della guerra lampo qui si fecero le prove generali dello sterminio in Russia e nell’Est europeo. Ma questa volta non si trattava di un bluff come quello del 26 agosto, quando Hitler aveva annullato l’ordine di attacco alla Polonia delle ore 04:30 del 27 agosto.

“Per la prima volta, questa notte, truppe regolari polacche hanno aperto il fuoco contro il territorio del Reich. A partire dalle 05:45 noi abbiamo risposto al fuoco, d’ora in poi alle bombe replicheremo con le bombe”, latrano i nazisti “vittime” della violenza polacca.

La condanna a morte della Polonia era stata decretata da Hitler il 23 maggio 1939.

Durante una riunione coi suoi generali il Führer aveva detto: “(…) Signori, non aspettatevi una ripetizione dell’affare Cecoslovacco. Questa volta avrete la guerra. Ho giudicato i loro capi a Monaco, Daladier, Chamberlain dei vermiciattoli.”

Immediatamente in tutto il mondo si ebbe la sensazione che non era scoppiata solo una guerra, ma un vero e proprio massacro di civili e innocenti.

Nell’invadere la Polonia Hitler era intenzionata a iniziare la sua politica di terrore e morte in Europa, per batterlo non ci volevano solo eserciti preparati, ma soprattutto occorrevano uomini realmente democratici e antifascisti, buoni sì, onesti pure, ma disposti a usare la violenza e la forza.

Anche se i polacchi avevano dichiarato di non temere l’esercito tedesco, questi, seppur ancora non al meglio, fece a pezzi i polacchi in poche settimane.

L’esercito tedesco, comandato da Walter Von Brauchitsch, contava cinque armate ripartite in due gruppi:

  1. gruppo delle armate del Nord, comandato da Fedor Von Bock;
  2. gruppo delle armate del Sud comandato da Gerd Von Rundstedt.

Il primo gruppo comprendeva l’armata di Günther Von Kluge, forte di 20 divisioni e l’armata di Georg Von Küchler, composta da dieci divisioni.

Il secondo gruppo comprendeva le armate dei generali Johannes Blaskowitz, Walter Von Reichenau, Wilhelm List, distribuite a semicerchio da Francoforte sull’Oder alla Slovacchia.

Al gruppo delle armate del Nord era stata aggregata un ‘armata aerea al comando del gen. Albert Kesselring, al gruppo di armate Sud una equivalente forza aerea al comando del gen. Alexander Löhr.

La Germania era così schierata: 1.200.000 uomini ripartiti in 70 divisioni, delle quali solo 46 in linea, le altre in riserva d’armata e in riserva generale.

Di queste settanta divisioni dieci erano blindate, quattro motorizzate, tre di montagna.

Lo stesso Hitler aveva ordinato che tre divisioni di SS denominate “testa di morto” seguissero l’avanzata della fanteria per instaurare quelle che venivano chiamate misure di ordine e di pulizia. Su una vettura ferroviaria si poteva leggere: “Andiamo a bastonare gli ebrei”

continua.

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