Se i compagni che” sbagliarono” sono solo reduci para criminali over 60 in genere, quelli che la scelta la fecero giusta dove stanno?
Si sa che i predestinati figli della buona borghesia sono diventati classe dirigente passati dalla bohemien intellettuale da frigorifero vuoto da Anni Settanta, alla democratica compiacenza di averla svangata con successo tangibile del proprio 730.
La rivoluzione perduta per loro non c’è mai stata.
I professionisti dell’informazione e del marketing,passati dal tribunale della storia della classe operaia alla vanità autoassolutoria del servizio pubblico targato Rai – Mediaset, in pieno conflitto d’interessi, hanno fatto dell’apocalisse della rivoluzione uno dei palinsesti spendibili degli ultimi 40 anni.
Senza rischiare nulla.
Una presuntuosa e arrogante superficialità che costò lacrime e sangue al genere umano e’ passata in giudicato per chi non si era macchiato del reato di omicidio.
Ormai, però, i dirigenti della vittoria e i digerenti della sconfitta sono in pensione.
Tutti anziani, la verità se la terranno stretta, inutile pretendere assunzioni di responsabilità, meglio farsi passare per comparse tutti quanti perchè parafrasando Giuseppe Stalin,migliaia di morti sono una statistica, un morto è una tragedia.
Un cinico impenitente potrebbe liquidare il fenomeno della militanza degli anni settanta come una sorta di spirito di avventura un po’ infantile, per certi Napoleone in potenza d’allora.
La Vita Nova di quegli anni di scontri e guerriglie era un’ottima evasione alla routine e frustrazione per figli di una borghesia che odiando se stessi erano corsi al parricidio di classe.
Ma questi funesti pensieri possono risultare un’analisi semplicistica per un processo complesso come quello insurrezionale di quel periodo: c’era idealismo sincero, maoismo antirevisionista ,guevarismo ribellista , maggio francese, primavera di Praga,la striscia di Gaza, i tunnel dei vietcong, il Portogallo, il Cile…: all’altro consumo della rivoluzione nessuno poteva lamentarsi…
Solo che tanti ci hanno creduto,tanti ne hanno patito le conseguenze.
Insomma chi militò nel mondo di mezzo della piccola borghesia e del proletariato alla fine del grande ciclo di lotte,non scese dalla giostra con grandi prospettive.
La controrivoluzione lasciò ampi spazi ai termidoriani che sputarono sul cadavere dell’utopia, che indicarono negli esaltati giacobini della lotta armata l’impossibilità a proseguire la lotta di classe.
I professionisti del “c’eravamo tanto armati per un decennio e forse più” forse non hanno nessun diritto di spietata ritorsione esistenziale fra chi è migrato fra i bistrot di Parigi, invece di andare a parare in strategie liberiste all’italiana.
L’ideologia non è morta per quelli che hanno abbracciato il mercato: così si vince in ogni tempo conosciuto dalla Storia sono loro.
Nessun moralismo dunque.
L’unico interrogativo che rimane è atroce:
E se avessimo vinto?

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