Tutti a scuola in ordine sparso, ma non è solo un fatto italiano.

La seconda o terza ondata del coronavirus ha travolto la riapertura delle scuole dopo le vacanze natalizie pure in Francia, Regno unito e Germania, tanto per citare le più popolose nazioni europee.

In Italia invece abbiamo assitito al solito logoro copione di una scuola che rimane chiusa quasi da dieci mesi..

Prima delle vacanze di Natale è stato ampiamente dichiarato che la scuola sarebbe iniziata per le superiori il 7 gennaio al 50% in presenza, alternandosi con la didattica a distanza.

Il governo poi ha trovato una mediazione coi governatori delle regioni per spostare la riapertura all’11 gennaio, quando si è diffusa anche da noi la preoccupazione delle contagiosità della variante del Covid.

Per mettere in sicurezza ” i nostri ragazzi” ( non certo i banchi) ogni governo regionale, come sempre, ha fatto di testa sua nella seconda ondata della pandemia: quindi da oggi, lunedì, le classi sono chiuse in 15 regioni, gli studenti rimarranno a didattica distanziata come minimo altre settimane, se tutto va bene ( cioè sperando nello spirito santo…)

Lo sconcerto per la decisione non solo arriva dagli studenti, che con sporadiche manifestazioni, hanno sottolineato che sono stati un’altra volta presi per i fondelli.

Lo smarrimento deriva anche dal dato di fatto che alcune regioni, ( Lombardia, Sicilia, Emila – Romagna, Veneto, Calabria) da oggi sono in fascia arancione, che il numero di morti in Italia è sempre alto e che non si vede come si possa risolvere il problema della presenza fisica degli studenti in breve tempo.

I sindacati scuola sposano la didattica a distanza, i presidi che ce l’hanno messa tutta a mettere in sicurezza le aule si dichiarano impotenti, i genitori sono divisi fra chi vuole mandare i ragazzi a scuola e chi no, gli insegnanti di persona personalmente vengono tacciati di pavidità e scrivono ai giornali.

La ministra della pubblica istruzione tiene duro, ma predica nel deserto, chi l’ascolta?

Così l’autorevolezza di una istituzione dichiarata fondativa per il presente e il futuro delle giovani generazioni è un’altra volta in un mare di guai: mancanza di socializzazione, finta scuola a distanza, depressione fra giovani spaesati, si rischia di far saltare anche quest’anno scolastico.

Ma siamo ai soliti disguidi in salsa italiana.

E’ possibile che quando avviene la messa in sicurezza delle scuole non si faccia i conti coi trasporti e con la logistica, coi doppi turni, con l’autonomia scolastica e soprattutto con il sostegno doveroso agli studenti disabili di cui 271 mila non entrano a scuola dal 9 marzo.?

Ma soprattutto quello che spaventa è che con il fastidioso e odioso acronimo Dad si invita all’abbandono scolastico, si traccia il solco fra studenti che hanno il computer e il tablet e chi no: molti hanno genitori analfabeti di ritorno nelle zone più povere e depresse.

Il romantico e deamicisiano profumo di gesso delle aule scolastiche è stato sostituito da un vuoto traumatico, senza il clamore dei ragazzi, senza la loro voglia di vivere, la scuola in Dad è fatta di quiete cimiteriale, di sperimentazioni farlocche che possono solo garantire la continuità burocratica dell’ anno scolastico.

Davanti al faccione dell’insegnante che si ingegna in qualche modo a destare attenzione ragazze e ragazzi sono soli anche se circondai dai balocchi del consumismo: la protesta che si annuncia oggi da parte degli studenti è sacrosanta.

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