Il professore Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera ci invita a tornare alla Costituzione in vigore dal 1948 fino al 2001.
In quell’anno il centrosinistra, per dare un contentino al localismo bossiano che blaterava sulla indipendenza della Padania, riformò il Capitolo V della Costituzione in materia di autonomia regionale e locale ( vi fu anche un referendum confermativo).
Invece di snellire e facilitare il rapporto fra centro e periferia, invece di incentivare il senso delle istituzioni anche sui territori la riforma è diventata un macigno burocratico, un groviglio di interessi fra regioni e governo che da anni ha palesato anche supponenza, arroganza, clientelismo, malaffare in varie istituzioni locali.
In queste ore tragiche, più di 1.500 morti in tre giorni per Covid, il tratto distintivo di molti sedicenti governatori che di questi tempi si sono fatti paladini della salute dei propri corregionali, è stata la polemica e il gioco del rimpallo delle responsabilità con il governo, che certamente non manca di colpe, ma che in questo momento ha bisogno di compattezza di intenti della classe politica.
Senza dare pagelle, che non ci spettano, tutta l’opinione pubblica però è allibita davanti alle risse fra De Luca e De Magistris sulla situazione a Napoli.
Il reggente della Regione Calabria, dopo la morte della povera Iole Santelli, certo Antonino Spirlì, ha candidamente dichiarato che lui non sa cosa farsene di un medico come Gino Strada, famoso in tutto il mondo per il suo lavoro con Emergency.
E che dire di Emiliano che chiude le scuole al di là delle disposizioni del ministro della pubblica istruzione, di Fontana che non ha fatto molto per le Rsa lombarde, di Solinas, quello delle discoteche in Sardegna, per non parlare del Toti darwiniano.?
L’autonomia regionale è una mangiatoia di denaro pubblico, tutti i partiti corrono a rivendicare la grande funzione delle Regioni nell’amministrazione della cosa pubblica, quando le cose vanno bene.
Se non che nella prima ondata di marzo – aprile alcuni di questi governatori avevano trovato nel regionalismo non colpito dal Covid il modo di farsi rieleggere: sembravano aver trovato il pozzo senza fine del proprio potere.
Ora che il virus nella sua pericolosità semina morte in tutta Italia non hanno voluto assumersi responsabilità che il governo centrale aveva loro demandato per legge.
Ecco spiegato l’ostruzione localistica verso i colori delle regioni, il darsi da fare per non chiudere un negozio per poi gridare che la sanità locale è allo sfascio perchè la gente è lasciata in macchina con bombole ossigeno.
I ritardi del governo Conte, sono gli stessi dei governatori delle regioni, rimpallarsi il disastro è demenziale e non aiuta i cittadini allo stremo.
In tutto il mondo c’è una ” Roma Ladrona”, ma in periferia il feudalesimo è magari superato dal senso dello stato.
Il macello di parole, di rivendicazioni disperate, di qualunquistiche critiche al governo centrale, come se alcune regioni non fossero esse stesse parte della mala politica, dimostra il detto che la vittoria ha tanti padri, ma la sconfitta è orfana.
Forse davanti all’anarchia stracciona di improvvisati feudatari è meglio il centralismo autorevole dello stato. senza che questi diventi un Leviatano.
E ancora meglio è l’autonomia dell’associazionismo cattolico virtuoso. dell’antagonismo cosciente, del volontariato, delle ong, dei gruppi di lavoro autonomi, delle donne e degli uomini di buona volontà..
Finisco sempre così:
Senza se e senza ma..
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