Il ceto medio che va proletarizzandosi,le fila alla Caritas per un piatto di minestra da parte di laureati e professionisti, una crisi dell’occupazione giovanile che sotto i 25 anni non trova lavoro, donne sfruttate più di sempre: cose vecchie si dirà, anche prima del Covid.

E’ almeno dieci anni che il ceto medio si trova in braghe di tela: disagio economico, esistenziale, angoscia per un futuro non codificabile.

E quindi come suggeriscono Massimo Cacciari o Ezio Mauro o intellettuali che sperano che l’antitesi fra capitale e lavoro, cioè fra tradizione liberale e socialista trovi una sintesi in una nuova democrazia finalmente fondata su giustizia sociale e libertà,è un nobile intento da sottolineare.

Ma se si proletarizza il ceto medio, il proletariato globalizzato, ridimensionato come soggetto sociale della trasformazione in senso socialdemocratico, cosa dovrebbe fare?

L’Istat ha sottolineato che l’illusione che il Covid fosse democratico ed egualitario era ingenua e falsa.

In crisi nera, sono quelli che vivono in emergenza abitativa, che non hanno strumenti culturali, che non godono di “conoscenze” pubbliche e private, che non hanno che la loro forza lavoro per sopravvivere.

Il” Quarto Stato” non ha rappresentanza politica,non ha sindacalisti compatibili con la mediazione politicamente corretta, non ha santi in paradiso.

Ormai anche quella che era la vera capitale d’Italia,Milano, dicono stampa e media, ha fame, vacilla sotto i colpi di un disagio sociale, come in tutte le aree metropolitane svela le contraddizioni di classe più evidenti.

Gli Invisibili, ai quali tutti guardano più per paura di una esplosione di rabbia di questi, che di una loro emancipazione, spariscono dai radar quando chiedono semplicemente aiuto.

Ogni volta che c’è una crisi economica inutile richiamarli in vita con giaculatorie umanistiche e sentimentali, per poi dire che il problema è quello di evitare l’assistenzialismo a fondo perduto.

Chi riuscirà quindi a stabilire equilibri democratici fra gli affamati prima che diventino morti di fame?

Su questo punto il liberal socialismo non è mai stata una soluzione, almeno in Italia.

Si dice che i comunisti non hanno mai voluto essere socialdemocratici, e poi che i socialdemocratici si comportano da comunisti.

Si dice che Carlo Rosselli e pure Mazzini, Garibaldi e Cavour sono i veri fondatori di una giustizia e libertà che come ideali sono nella testa di tutti.

Ma alla fine il talismano della felicità del ceto medio lo vogliono pure gli estremisti di sinistra, i senza parrocchia,i cani sciolti, quelli che l’indecenza e la vergogna della classi dirigenti non vogliono chiamare proletari.

Vogliamo tutti giustizia e libertà, anche se non ci chiamiamo liberal – socialisti.

E i liberal anti Trump sono ben diversi da partitini dell’eticamente corretto.

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