In un momento come questo si cercano generali che sappiano condurre i propri eserciti non alla vittoria, ma ad una ritirata strategica per evitare una Caporetto o un 8 settembre.

Il generale in cerca di consenso è Conte, sperare che fallisca è da fascio- sfascisti, a questo punto.

La facile metafora sugli stati generali di Roma, uno show,una kermesse, ma anche una riflessione necessaria su quello che non si è mai fatto, più che su quello che si deve fare,comporta un minimo di consapevolezza che superi il limite delle scienze utili come economia e politica.

Perchè la sede di villa Pamphili, con un po’ di fantasia, ospita pure le suggestioni culturali di due rivoluzioni che hanno cambiato il mondo: quella francese che convocò gli Stati Generali contro Luigi XVI e quella russa, se la villa diventa, via social e non, il Palazzo d’Inverno per le normali contestazioni ai potenti.

La convocazione delle teste pensanti d’Italia e d’Europa in un momento dove ci sono in ballo miliardi di aiuti, di sovvenzioni, di proposte per fare quelle riforme che in Italia non si sono fatte in tempi normali è anche un tentativo di evitare una situazione drammatica e tragica per l’autunno..

Ma quello sdoppiamento richiesto dall’autocoscienza dice che il problema è metterci una pezza in tempi brevi, più che progettare un futuro che non è prevedibile.

Il governo Conte in questo senso rischia di voler saltare al di là delle propria ombra, ipotizzare un nuovo mondo con un’economia che è da vent’anni che non cresce è quasi impossibile.

Nel 1789 a Versailles gli Stati Generali rappresentanti l’aristocrazia, il clero e il terzo stato decisero di votare per testa e non per corpo, introducendo così la democrazia liberale censitaria nel mondo.

Nel 1917 la presa del palazzo d’inverno ( pardon villa Pamphili) coincise con la nascita dei soviet, altra storia.

Qui governo, confindustria, sindacati, banche, istituzioni europee devono reintrodurre nell’economia materiale liquidità pronto cassa, altro che idealità liberali o rivoluzionarie.

Questo non può comportare mutamenti radicali, il nuovo modello di sviluppo lo deciderà il conflitto fra capitale e lavoro.

Perchè forse è meglio servirsi di una sociologia marxiana, che intrigarsi con il liberalismo parolaio, oppure il fascio nazionalismo: non si tratta di rifondare la socialdemocrazia o la liberal democrazia, ma di evitare una catastrofe immane cercando di salvare i più deboli socialmente.

Il proletariato non può sperare nella saggezza del profitto.

Una keinesiana immissione di capitali pubblici in investimenti potrebbe attenuare la sacrosanta rabbia sociale.

C’è quindi da convincere l’Europa che “conta gli euro” che siamo un paese credibile, che non butteremo i soldi dalla finestra, che non faremo quello che paventano Olanda, Svezia, Austria e vari frugalisti.

I dieci giorni che cambiarono il mondo sono dell’anno 1917,oggi oltre villa Pamphili c’è la giusta protesta di chi teme di essere tagliato fuori dalla Croce Rossa dei Btp e del Ricovery Fund.

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