1940 L’anno di Hitler
tratto da 1939 – 1945 il racconto della guerra giusta,Pierluigi Raccagni
La Germania non aveva accesso diretto all’Oceano aperto, e questo fatto era rimasto impresso agli ufficiali di marina tedeschi.
Hitler, quindi, era seriamente preoccupato della possibilità di un attacco inglese in Scandinavia, che avrebbe minacciato la Germania nei suoi vitali interessi economici.
Bisogna ricordare, infatti, che la Germania importava dalla Svezia circa undici milioni all’anno di materiale ferroso.
Hitler ormai era orientato per un attacco risolutivo verso l’Occidente già contro la Polonia, come abbiamo visto, i nazisti si erano concentrati per un attacco contro Francia e Inghilterra. Da tempo la Marina tedesca aveva gli occhi rivolti a Nord.
Nel febbraio del 1940 il nostro imbianchino criminale decise di impa- dronirsi della Norvegia.
Convocò a proposito, il generale Nikolaus Von Falkenhorst, per affidargli il comando delle operazioni, concedendogli cinque ore di tempo per studiare lo sbarco.
Il generale, come poi testimonierà al processo di Norimberga, non sapeva manco come fosse fatta la Norvegia. Abbozzò in cinque ore un piano che soddisfò pienamente le aspettative di Hitler.
Il piano era semplicissimo e prevedeva l’occupazione dei cinque porti principali della Norvegia: Oslo, Stavanger, Bergen, Trondheim e Narvik.
Il 1° marzo venne partorita l’operazione “esercitazione di Weser”, che riguardava le direttive per l’occupazione della Danimarca e della Nor- vegia. Il 1° marzo del 1940 Hitler ribadì, con una nota segretissima, che la situazione in Scandinavia imponeva che fossero espletati tutti i preparativi necessari per occupare la Danimarca e la Norvegia. L’operazione aveva lo scopo di impedire l’invasione della Scandinavia e del Baltico da parte inglese.
Nei mesi freddi, quando il Mar Baltico è ghiacciato, il materiale veniva convogliato per ferrovia dalla Svezia al porto norvegese di Narvik.
Era dovere, secondo il Führer, provvedere alla sicurezza della base di materiali ferrosi in Svezia o offrire alla flotta e all’aviazione una linea più ampia da cui sferrare l’attacco contro la Gran Bretagna.
Il senso della direttissima di Hitler è pura logica militare: se la guerra dei nazisti doveva distruggere l’Inghilterra, bisognava dunque assicurarsi il possesso del litorale continentale che fronteggiava l’isola britannica.
Alle 05:20 del 9 aprile 1940, mezz’ora prima che iniziasse l’occupazione armata, gli incaricati diplomatici tedeschi ad Oslo ed a Copenaghen presentarono ai governi di Danimarca e Norvegia un ultimatum in cui veniva imposto di accettare senza resistenza la protezione del Reich.
C’era nella tattica tedesca un brutto ricordo della prima guerra mondiale.
Come si noterà la protezione offerta dai nazisti è nel segno della tipica protezione mafiosa, al confronto Cosa Nostra è un’organizzazione sportiva.
Riassumendo, si possono così elencare gli obiettivi tedeschi per quanto riguarda l’invasione della Scandinavia:
- L’operazione di guerra in Scandinavia doveva anticipare l’azione in- glese contro la Scandinavia;
- Doveva assicurare i rifornimenti di ferro della Svezia e fornire basi di appoggio per le invasioni tedesche contro l’Inghilterra
- L’inferiorità numerica delle truppe del Terzo Reich doveva essere compensata dall’audacia e dalla sorpresa delle azioni di guerra.
“La campagna di Norvegia, -disse Hitler-, sarebbe stata la più audace e la più importante impresa nella storia della guerra”.
Gli inglesi in questa fase avevano le idee confuse, l’attività aerea britan- nica si limitava al lancio di manifestini fra le proteste dei cittadini indi- gnati che così commentavano sui giornali: “(…) se non dobbiamo rischiare la benzina e i piloti neanche per obiettivi vitali, quale è la ragione per mandare nostri apparecchi a 2.200 Km entro il territorio nemico per lanciare manifestini?
Il caposquadriglia dice: «sei tornato presto!»
E il pilota si volta e risponde: «sì, ho buttato giù i volantini, non andava bene?»
E allora il caposquadriglia fa: «Santo Dio potevi ferire qualcuno…»”.
Cfr. Ken Follett, La cruna dell’ago, Milano 1979, pag. 15
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