1940. 10 GIUGNO tratto da 1939 – 1945 il racconto della guerra giusta di Pierluigi Raccagni

La macchina della propaganda si mise in moto.

Tutte le corporazioni del paese fecero a gara per esprimere al Duce la loro volontà guerriera.

L’entrata in guerra fu annunciata per il 5 giugno, poi Hitler per ragioni militari lo convinse a spostare la data al 10 giugno, per non dare van- taggio all’aviazione francese, che tentava disperatamente di fermare i Panzer tedeschi.

Secondo Ciano “Mussolini è contento come non mai di comandare la sua nazione in armi”.

Facendo infuriare il Re, il Duce aveva assunto il comando di tutte le forze armate.

Il 10 giugno il ministro degli Esteri Galeazzo Ciano comunicò il testo della dichiarazione di guerra a André François-Poncet, ambasciatore di Francia.

L’ambasciatore disse a Ciano: “I tedeschi sono padroni duri, non vi fate ammazzare”, dimostrando che i francesi non si aspettavano un simile trattamento da parte italiana.

Poco dopo sarà la volta dell’ambasciatore della Gran Bretagna Percy Loraine, che non batté ciglio.

Questo accadde alle 16:30.

Alle 18:00 Mussolini dal balcone di Piazza Venezia, davanti ad una mol- titudine mobilitata dal partito fascista, entrò finalmente nella storia.

La vetrata si aprì puntuale. Il Duce apparve in divisa nera col berretto a visiera, le spalline e il cinturone. Prima ancora che il silenzio della folla fosse assoluto, con voce bassa e profonda pronunciò quello che rimane il discorso più tragico di tutta la storia italiana contemporanea “Combattenti di terra, di mare e dell’aria, camicie nere della rivoluzione e delle legioni, uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del regno d’Albania ascoltate!

Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria, la dichia- razione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bre- tagna e Francia.

Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’occidente, che in ogni tempo hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato l’esistenza medesima del popolo italiano.

La parola d’ordine è una sola categorica e impegnativa per tutti: essa già trasvola e accende i cuori dalle Alpi all’Oceano indiano: Vincere!

Popolo italiano! Corri alle armi e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!”

Cfr. Enzo Collotti, La seconda guerra mondiale, collana diretta da Massimo L. Salvadori, Torino 1983, pagg. 90, 91

Le acclamazioni furono entusiastiche e prevedibili come in un’orgia di ferocia e di rancore a distanza.

Una parte della folla era ovviamente incitata dalla messinscena dram- matica e dalla presenza fisica delle milizie fasciste.

Fu uno spettacolo macabro, manipolato, il consenso parolaio e vociante ben presto lasciò il posto alla tristezza.

Scrive Giorgio Bocca: “La gente ascolta in silenzio, qua e là gruppi di plaudatores cercano di accendere l’entusiasmo bellicoso, ma la preoc- cupazione prevale, il silenzio si rinchiude sui loro evviva.”

Cfr. Giorgio Bocca, Storia d’Italia nella guerra fascista, 1940-1943, Milano 1997, pag.143

Enzo Biagi scrisse che a Bologna studenti fascisti urlarono alla dichia- razione di guerra, probabilmente perché potevano starsene a casa im- boscati dalla dispensa che per gli studenti valeva fino a 26 anni.

Alcune donne piangevano.

Anche a Milano fra la gente che defluiva solo le camicie nere facevano baldoria.

dal 10 al 14 giugno gratuito

https://amzn.to/3fenmwZ clicca gratuito 10 – 14 giugno