E’ una primo maggio triste, violento, paradossale.

Triste: perchè la pandemia ha messo in croce il mondo del lavoro tutto.

Violento perchè lavoratori in genere e neo – proletari sono stati annientati eticamente ed economicamente.

Paradossale perchè dal 4 maggio si deve andare a lavorare, per non morire socialmente.

” Arbeit macht Frei”, lugubre, funesto e criminale monito iscritto sui campi di concentramento nazisti voleva mettere in chiaro una cosa: i servi dovevano sacrificarsi per i padroni, i padroni concedevano vita ai servi fino alla loro morte per sfinimento.

La locuzione nazi – fascista, è diventata con il neo – liberismo senso comune, metafora per indicare che è già tanto che ti sia permesso di ammalarti di lavoro: Marx aveva visto giusto quando sosteneva che l’uomo quando lavora si sente oppresso, ma nelle funzioni animali si sente libero.

Il lavoro tout court in genere non rende liberi .

Il movimento operaio e contadino ha sempre rivendicato, da fine ottocento in poi, la giornata di otto ore lavorative: le lotte contro il plusvalore relativo di sindacati socialisti, comunisti, anarchici, cattolici ( le leghe bianche in Italia), furono soppresse dal fascismo l’arma di distruzione di massa del “Das Kapital”.

E l’universo concentrazionario nazista era la quintessenza della necessaria sottomissione del proletariato alle esigenze delle classi dirigenti della borghesia criminale e reazionaria.

Quando sento dire che oggi il lavoro è una tema centrale in tempo di pandemia mi chiedo quando mai non lo sia stato, quando mai la ricchezza prodotta non sia stata partorita dalla fatica, il sacrifico,il dolore delle donne, degli uomini e dei bambini sfruttati come bestie per un pugno di soldi.

Milioni di proletari, scomparsi per decenni dal lessico ufficiale degli” esperti del lavoro”,oggi hanno trovato nuovi compagni di strada nella disoccupazione femminile e giovanile, nello sfruttamento dei sottopagati: l’esercito dei non garantiti deve andare al fronte della sopravvivenza tutti i santi giorni.

E poi i lavori non sono tutti uguali; quelli garantiti delle classi al potere sono alienanti, certo,ma ricompensati dalla monetizzazione dell’alienazione e dalla felicità del consumo di denaro.

Globalizzare la lotta di classe, tramutare la lotta dei lavoratori in una rivoluzione dei modelli di sviluppo è un’utopia che non può essere delegata alla retorica pomposa e ufficiale.

Solo quando il servo prende coscienza che il proprio lavoro rende il Signore padrone della sua vita, il servo disattiva l’alienazione diventando padrone del padrone……

Cominciando a ridurre la giornata di lavoro.

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