Fino a dopo Ferragosto il blog sarà dedicato principalmente alla storia della guerra giusta al nazifascismo. La cronaca sarà sempre garantita.

 

Brano tratto da 1939 – 1945 IL racconto della guerra giusta – La vittoria della democrazia vol.II  di Pierluigi Raccagni

1943 L’ARRESTO

 

La mattina del 25 luglio il Duce uscì da villa Torlonia come se nulla fosse successo. La nottata del golpe era passata, e alle nove Mussolini era già al lavoro a Palazzo Venezia.

Lavorò scartabellando dispacci militari, lesse i giornali del mattino, dette a tutti la sensazione di essere un uomo che voleva rimanere in carica, altro che prepensionamento forzoso.

Grandi, al contrario, era preoccupato, aveva saputo che il re aveva nominato capo del governo il maresciallo Badoglio: per lui manco un posto nel nuovo esecutivo?

Il capo della rivolta voleva farsi ricevere dal re, per riferire della notte precedente, ma questi si negò.

Ignorava che De Cesare, segretario di Mussolini, aveva telefonato ad Acquarone per chiedere che Mussolini fosse ricevuto in udienza dal re nel pomeriggio. Il colloquio venne accordato per le 17,00.

La partita a scacchi era in movimento: da una parte Vittorio Emanuele, il generale Ambrosio e Badoglio. Dall’altra parte Mussolini, Scorza e Galbiati: monarchici liberali contro fascisti, una volta fratelli di sangue, ora acerrimi nemici.I preparativi per far la festa a Mussolini erano in corso, l’esercito era stato avvisato, il re aveva già predisposto per il Duce, dopo il colloquio, il suo fermo, per evitare che elementi estremisti, Galbiati e la milizia presumibilmente, potessero fomentare disordini. E poi gli antifascisti, aveva detto il re avrebbero potuto mettere a repentaglio la vita del Duce.

Mussolini tornò a Villa Torlonia alle 15, la moglie Rachele, donna saggia, gli disse di non andare dal Vittorio Emanuele perché tutti erano pronti a tradirlo.Mussolini, “anima candida”, non sospettò di nulla.

Era convinto che Sua Maestà gli avrebbe dimostrato ancora fiducia e amicizia, avrebbe sì delegato alcuni poteri, ma non avrebbe sconfessato la guerra e l’impegno preso coi tedeschi, sottoscritto anche dai Savoia.

Alle cinque la grossa Alfa Romeo entrò a Villa Savoia.

Cinquanta carabinieri erano appostati nei giardini, l’ambulanza sulla quale, dopo il suo arresto, l’ex capo del governo doveva essere tradotto, era parcheggiata di fianco alla villa del re.

L’azione fu affidata ai capitani Vigneri, Aversa e Marzano.

Il re, che attendeva Mussolini al sommo della scalinata, era in divisa, Mussolini in borghese.

Del colloquio fra il Duce e il re non si seppe mai nulla di ufficiale.

Secondo quello che scrisse a posteriori Mussolini nella sua Opera Omnia, il Savoia era in uno stato di grande agitazione.

Il re, dopo averlo fatto accomodare lasciando la porta socchiusa affinchè Puntoni, aiutante di campo, potesse intervenire pistola alla mano, in caso di emergenza, spiattellò in faccia all’uomo della Provvidenza tutto il disappunto per l’ultimo anno di guerra.

Gli ricordò che era l’uomo più odiato d’Italia, che i soldati non volevano più battersi, che gli alpini cantavano una canzone i cui versi recitavano che non volevano più battersi per Mussolini, che aveva perso nel voto del Gran Consiglio, che non poteva contare più su nessuno tranne lui, che per la sua incolumità era meglio si facesse da parte, visto che in sua vece aveva già nominato il maresciallo Badoglio.

Sembra che Mussolini in modo pacato abbia detto che era una decisione di una gravità estrema che favoriva l’asse Churchill – Stalin e che faceva gli auguri al suo successore.

Il re, poi, disse di volergli bene, di averlo sempre difeso, ma lo pregava di farsi da parte, così secondo la testimonianza di Puntoni.

Il re, che aveva organizzato la trappola, dimostrò fino in fondo quanto fossero false le sue parole.

All’uscita dalla villa, il capitano Vigneri si avvicinò al Duce, dicendogli che aveva avuto l’ordine di assicurargli protezione, lo caricò sull’ambulanza insieme a De Cesare e lo portò a tutta velocità alla caserma Podgora di via Quintino Sella, quindi alla caserma Pastrengo in via Legnano, dove il Duce trascorse la notte in una cella.

 

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