La notizia della nomina a segretario generale della Cgil di Maurizio Landini è senz’altro buona.

Per chi non è un “rivoluzionario parolaio”, che parla di rivoluzione come parlasse di calcio, oppure non è della destra sociale fascista che storicamente ha avallato il sindacalismo padronale, Landini è un nome che accarezza l’idea di una società più giusta.

Però bisogna anche capire che l’ex segretario della Fiom non può prendersi la responsabilità di rifondare tutta la sinistra, ( quale poi?), facendo quello che oggi nessuno è in grado di fare.

In questi anni il sindacato, è storia risaputa e lo ha ammesso lo stesso Landini, è mancato sul piano della lotta di classe, diventando un sindacato solo di servizi, patronati, cooperative che magari pagano in nero, che ha rappresentato anche un groviglio di interessi corporativi rafforzati dalla paura della modernità e globalizzazione-

Ricordiamo che Maurizio Landini è stato promotore di uno sciopero a Pomigliano d’Arco contro gli straordinari.

Andò malissimo, perchè in tempo di crisi la lotta non paga, ma il prolungamento della giornata di lavoro contrattata con l’azienda sì. Aveva ragione lui, non il Pd e Renzi.

Solo che l’uso di precarietà, straordinario, e poca attenzione al caporalato e al nero ha portato la classe lavoratrice alla sfiducia verso i sindacati in generale….

Sarebbe bello se la Cgil riprendesse i temi del suo percorso storico: primo fra tutti la difesa dei diritti dei lavoratori dal ’68 dei grandi padronati  e la lotta alla disoccupazione.

Intanto sostituire l’inno di Mameli all’apertura del congresso con l’Internazionale, ( l’inno di Mameli suonato in tutte le occasioni è diventata una vuota marcetta, una sigla per “Itagliani brava ggente”), non sarebbe male.

 La lotta per il lavoro, infatti, dovrebbe essere condotta coi migranti ed emigrati, con gli ultimi, cercando di riunificare interessi materiali con interessi ideali, nell’accezione più nobile dell’INTERNAZIONALE dei lavoratori.

E’ una strada lunga, faticosa che vede lo scontro con la modernità dei nuovi mezzi di produzione usata contro i lavoratori e per l’abbassamento dei salari.

La lotta per non morire dopo cento anni di battaglie non può non coinvolgere i sindacati di base, senz’altro più vicini ai disperati che un apparato come quello del maggior sindacato italiano: nella sua dirigenza da nomenclatura da socialismo reale si sono nascosti personaggi a dir poco ambigui durante la crisi del 2011.

Il luogo di apprendimento di privilegi spesi nel cercare un posto in qualche parlamento italiano ed europeo era per certi versi un passaggio obbligato nel sindacato post comunista e negli altri sindacati confederali.

C’è poi il fatto che la tessera del sindacato ce l’hanno pure leghisti e Cinque stelle: cosa fai un ‘epurazione stalinista al grido “tutto il potere alla Cgil di Di Vittorio?”Cosa fai un referendum contro il reddito di cittadinanza e quota cento? Perdi le tessere, più che la faccia.

Da tempo la Cgil non è più la cinghia di trasmissione della sinistra, ma rimane comunque un baluardo, in questi tempi, di salvaguardia di una democrazia traballante.

Deve tenersi dentro tutti, stando attenti, secondo me, a non scambiare diritto al lavoro e salario con  i diritti umani di chi ha solo le infradito ai piedi.

E soprattutto rimettendo al primo posto i diritti delle donne che lavorano e cercano un lavoro: in questi anni massacrate da finte quote rose, falsi riconoscimenti, e sostanziali sfruttamenti.

 

downloader (3)