Quella bomba che tolse alla mia generazione l’idea di una rivoluzione alla portata della fantasia al potere fu la pagina più buia della cosiddetta prima repubblica.

La paura del comunismo, della democrazia, delle riforme, del progresso della classe operaia, dell’emancipazione degli studenti ricevette uno choc terrificante:il movimento nel suo insieme pensò che una parte dello stato e della classe dirigente reazionaria e fascista volesse risolvere manu militari il conflitto di classe.

Fu chiamata strategia della tensione, ma in  fondo era anche un lascito della guerra civile e della Resistenza del 1943 – 1945.

Bisogna pensare che nel 1969 gli ex repubblichini che nel 1945 avevano vent’anni in quell’anno ne compivano nemmeno cinquanta:così come i partigiani e la classe operaia del nord che avevano partecipato alle lotte degli anni cinquanta e sessanta.

In più le centinaia di migliaia di giovani che aderirono ai vari movimenti antagonisti erano la sintesi della continuità della lotta di classe e del sogno socialista in Italia.

Il capro espiatorio  di quella strage furono gli anarchici, in particolare Giuseppe Pinelli, che al di là di quello che si pensa sulla questione, entrò vivo e vegeto in Questura e ne uscì morto.

Oggi, grazie a Dio non ci sono più le bombe per fomentare la reazione. O meglio le bombe fasciste uscite dalla guerra fredda sono diventate le discriminazioni, le violenze psicologiche e anche fisiche verso i migranti, soprattutto se di pelle nera.

Torniamo sempre allo stesso punto: la contraddizione principale, (come si diceva una volta), non è fra italiani e stranieri, ma fra sfruttati e sfruttatori, fra vite spezzate e vite appagate che vogliono mantenere ricchezze, privilegi, corruzione, sopraffazione come fossero entità fisiologiche della democrazia reazionaria.

Oggi alle 18 c’è il corteo in Piazza Fontana.Vedremo se cinque stelle e lega avranno almeno il coraggio di portare almeno un fiore sulle  lapidi dei morti di quella strage e di Giuseppe Pinelli.

 

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