Tratto da 1939 – 1945: il racconto della guerra giusta
1939 settembre nero.Come quello del ’38 in Italia,con la promulgazione delle leggi razziali,
A Berlino venerdì primo settembre il cielo era grigio, la giornata afosa, le nuvole basse.
Alle 5,11 del mattino Hitler alzatosi di buon ora aveva già firmato il documento che dichiarava lo stato di guerra.
C’era stato comunque un preludio bellico.
Alle 4,47 il capitano di vascello Gustav Kleikamp, a bordo della nave da guerra tedesca Schleswig – Holstein, diede l’ordine di aprire il fuoco.
Obiettivo delle artiglierie le fortificazioni polacche della Westerplatte, una penisola confinante con il territorio urbano nei pressi di Danzica dove la nave tedesca era ancorata in porto in segno di amicizia. (!) Furono quelle cannonate che svegliarono gli abitanti di Danzica e diedero inizio alla seconda guerra mondiale.
Non si può dire che dal punto di vista militare fu una gran trovata, nonostante le immagini di repertorio documentate dai nazisti facessero vedere la nave scuola impegnata a cannoneggiare l’inerme Danzica.
E nonostante l’arrivo della Luftwaffe, il giorno stesso, la resistenza della fortificazione durò fino al 13 settembre.
Così come è noto dai resoconti dei corrispondenti di guerra, che si trovavano nella capitale tedesca proprio in quella giornata cruciale per la storia dell’umanità, la gente nelle strade era apatica malgrado le grandi notizie che le giungevano via radio e dalle edizioni straordinarie dei giornali del mattino.
In effetti la popolazione accolse la notizia con stordita indifferenza dedicandosi ai suoi affari come se nulla fosse accaduto.
Pochi si preoccuparono di comprare le edizioni straordinarie dei giornali che invasero le strade all’ora di colazione.
Era certamente diverso il clima del 1914.
Un entusiasmo senza precedenti aveva accompagnato la notizia della dichiarazione di guerra tedesca alla Serbia.
Ma Hitler, un tantino nervoso e forse lui stesso stupito da tanta indifferenza, dovette sfoggiare tutta la sua abilità oratoria per cercare di dare un senso a una dichiarazione di guerra che, tutto sommato, risultava improvvisata e scalcinata.
Il Fṻhrer appariva esausto, tormentato, impacciato nel fornire le ragioni non solo della guerra, ma anche della mancata adesione italiana alla sua avventura.
Alle 10,15 annunciò al Reichstag, riunito in seduta straordinaria alla Kroll Opera, l’inizio dell’invasione del territorio polacco.
Sedeva di fianco al suo prode amico Rudolf Hesse e sciorinò tutto il suo repertorio di falsità naziste sputando odio e veleno contro la Polonia.
“L’attacco è scontato”, disse e “non si può estorcere a qualcuno una firma, con la pistola puntata contro di lui e sotto la minaccia di affamare milioni di persone e poi proclamare come una legge solenne il documento la cui firma è stata estorta in tal modo” ( si riferiva al diktat di Versailles, suo cavallo di battaglia dagli Anni Venti). E poi è tutto un affermare….“ a questo punto vorrei anzitutto ringraziare l’Italia..”
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