17. DANZICA

Non era tanto la questione di Danzica a impensierire Hitler e i nazisti.

Hitler in quel periodo era un uomo realizzato e felice.

Lo raccontava sempre durante le sue interminabili riunioni, si faceva pure bello con qualche generale prussiano per farsi perdonare la sua misera provenienza.

La crisi che sfociò nella seconda guerra mondiale non fu certo per la città libera di Danzica, che tagliava il Reich tedesco nella Prussia orientale.

O almeno lo fu solo in apparenza.

Solo la propaganda nazista insisteva sul Corridoio, sui poveri tedeschi separati in casa dalla presenza di ebrei, cattolici, slavi, zingari.

Questi “sottouomini”, che andavano eliminati fisicamente dal sacro suolo tedesco, non erano che la squallida messinscena di un’ambizione molto più sfrenata:”essere una forza della natura”, come aveva dichiarato nell’aprile del 1939 al ministro degli Esteri romeno Gafencu.

A Hitler poco importava di Danzica perchè quello era solo uno strumentale artificio.

Anche la sua offerta ai polacchi poteva essere considerata quasi generosa: la proposta di un Corridoio non era da buttare via.

Hitler, poi, riteneva la Polonia uno stato con grandi affinità con la Germania.

La Polonia era uno stato autoritario, lodato dai nazisti per le forti  tendenze anticomuniste, ciò poteva bastare.

C’era infine quella supponenza sciovinista dello stato polacco che aveva destato parecchie perplessità in tutte le cancellerie d’Europa.

“il ministro degli Esteri Josef Beck, un forbito intrigante che con una sorta di disperata prestidigitazione riusciva a mantenere una perigliosa equidistanza, non fece che complicare ulteriormente la situazione elaborando gli ambiziosi piani di una “terza Europa”.

Dal mar Nero all’Ellesponto avrebbe dovuto venire in essere un blocco di stati neutrali sotto la guida della Polonia.

E a tale scopo egli cercava di far partito proprio della politica aggressiva di Hitler.

Cfr.J. Fest,op.cit., 1974,

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