La metafora dell’Italia a pezzi simboleggiata dal crollo del ponte Morandi di Genova ha interrotto la sbornia delle vacanze di massa.

Con 39 morti, 16 feriti gravi e 20 dispersi non si è perso tempo: mentre le lacrime bagnavano il viso dei familiari delle vittime i super- sciacalli dell’universo politico e web si scatenavano alla ricerca del colpevole,del capro espiatorio che metta a posto il senso di colpa del  degrado italico che investe tutto e tutti.

Alle mille emergenze quotidiane ( idrogeologiche, ambientali, sanitarie ( i vaccini), occupazionali ( Ilva), dell’emigrazione, della scuola, della giustizia, della sicurezza,delle ferrovie ecc ora c’è l’emergenza ponti  vecchi e da demolire,se hanno superato i 50 anni.

Il popolo dei santi, eroi, navigatori, mandolinisti, spaghettari, ma anche dei geni assoluti della cultura occidentale, nell’emergenza trova la sua vocazione: tutti ingegneri civili, dopo essere stati economisti per lo spread,direttori tecnici per la nazionale, luminari per i vaccini etc.

I morti si piangono,non servono per fare guerre qualunquistiche contro i poteri forti di Benetton e PD, per continuare campagne elettorali, per prendere consenso sulle purezza dei fini del governo del cambiamento.

Lo spettacolo messo in scena è maligno: azzeccagarbugli di ogni colore sono pronti a incassare il dolore  della tragedia monetizzato in azioni.

Bisogna che qualcuno paghi, non è manco da dire. Sta nei fatti.

L’ideologia della morte, non è la morte dell’ideologia, è il male che avanza nelle viscere di una terra bella, sublime, unica, ma fragile, paurosa,volgare nel pensiero corrente.

La black music di Aretha Franklin, è l’omaggio dovuto alle vittime. Domani ci saranno i funerali di Stato, oppure i funerali dello stato.