Come si legge oggi il titolo è volutamente roboante, ma secondo me non ha nulla di retorico.

Retorico e ipocrita, infatti, è stato per gli anni della crisi parlare di ricchezza e povertà come fossero piaghe bibliche e non una contraddizione storica che inerisce alla divisione del lavoro e allo sfruttamento capitalistico.

Nè si tratta di esultare perchè, a 200 anni dalla nascita di Marx, il filosofo di Treviri è stato tolto dai poveri scaffali delle biblioteche per essere ributtato nella mischia della guerra di classe.

La lotta di classe c’è in tutto il mondo: sia nei paesi che blindano lo sfruttamento proprio all’ombra del comunismo, sia nella decantata, dai fascio – leghisti , Russia di Putin, sia nella roccaforte del socialista Assad, etc.

Si salvano i paesi a lunga tradizione socialdemocratica, dove comunque le lotte sul lavoro hanno prodotto un dignitoso stato sociale con relativa distribuzione della ricchezza.

Per l’Italia, sulla carta uno dei paesi del G8, lo sfruttamento degli atipici, dei precari, dei pedalatori urbanizzati, dei disperati della cantieristica, degli schiavi del Sud che raccolgono pomodori scontrandosi con gli schiavi africani sotto caporalato, la vita è dura, a volte dolorosa, piena di umiliazioni.

La  risposta dei padroni nostrani è abbastanza nazionalsocialista: un patto al nord con le corporazioni fascio – leghiste, un patto al sud con le mafie, la green economy lasciata al liberalismo feroce delle multinazionali, con gli intellettuali alla Michele Serra che scoprono che il proletariato giovanile non parla la lingua della borghesia giovanile.

Gli sfruttati che compiono il salto dell’autodeterminazione, dell’autonomia della propria classe, della consapevolezza della propria storia sono oggi minoranza, ma questo è il vero comunismo pratico, operativo, realistico ideale e materiale.

Non certo quello di presentarsi alle scadenze elettorali per ricevere qualche rimborso spese, anche se questa è normale prassi di sopravvivenza.

Primo maggio dappertutto è il nuovo modello di sviluppo, per gli sfruttati non c’è tregua nè pace.