Il genio italiano non finisce mai di stupire.
Abbiamo votato il 4 marzo con il risultato che tutti sappiano.
Adesso, visto la palude dei veti incrociati fra centrodestra e cinque stelle, si apre la campagna di primavera: aspettiamo le elezioni amministrative del 10 giugno, aspettando le Europee dell’anno prossimo.
Oppure facciamo un governo di unità nazionale, centrodestra + 5 stelle + Pd, oppure facciamo che Gentiloni traghetti l’Italia fino a quando i mercati lo consentiranno.
Ogni giorno una sparata: Salvini vs Di Maio, DiMaio vs. Berlusconi, Renzi sull’Aventino : l’incanto drammatico delle votazioni si è sciolto nella tipica soap – opera italiana.
Sopra il carro dei vincitori c’è da prendersi delle responsabilità: meglio vivacchiare spingendo a tratti gli stanchi cavalli del tira a campare.
Ci fosse quell’emergenza povertà tutti i giorni sbandierata come battaglia di civiltà i responsabili non solo ci metterebbero la faccia ( espressione pessima perchè in politica, in genere, si usa la maschera da palcoscenico), ma sarebbero insonni, febbrili nel fare, nel cercare, nel documentare ecc.
Invece il rito si svolge come fossimo ad un gran Galà: prego si accomodi, no preferisco aspettare il mo turno, ma no, non faccia così….anime morte che balbettano liriche da operetta.
Insomma più si perde il senso della misura dell’importanza della governabilità elettorale ( non è mai stata decisiva un’elezione in Italia, tranne forse nel 1948), più si è trovato un modo facile e semplice per stare al potere: la campagna elettorale è una cosa, il governo è un altra, e quindi facciamo dell’accordo sottobanco un’arte della diplomazia.
Cioè speriamo in tempi migliori. E quali sarebbero?
Presto detto: una nuova legge elettorale dove si sappia chi abbia vinto ( gulp!), un intervento sulle disuguaglianze fra i cittadini,un manciatella di reddito e la speranza che l’Europa non ci sgridi per il debito enorme.
Poi ci inventeremo qualcosa, come sempre.
Di leggi eccezionali e straordinarie sul lavoro e sul fisco se ne parla come si parla di chi vincerà il campionato o la Champions.
La bellezza della democrazia italiana è questa: le elezioni sono un pretesto per nuove elezioni annunciate, intanto a Palazzo si soffre per l’Italia che langue.
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