Come nell’occasione del 4 dicembre sul referendum costituzionale anche questa volta andare a votare, e  che cosa votare, sono diventati elementi di uno psicodramma sproporzionato alla posta in palio.

Quando senti che tanto il 5 marzo non ci sarà una maggioranza, che forse si andrà a rivotare, che alcuni pensano che bisogna cambiare la legge elettorale, ( comico), per galleggiare cinque anni nell’iperuranio del vitalizio contributivo,  ti dici che in fondo siamo davanti a un non evento.

Però lo psicodramma è inevitabile.Tutti i partiti, come sempre, disegnano foschi scenari se l’avversario o il nemico dovesse vincere.

Se vincesse il centrodestra di Berlusconi, secondo la sinistra tutta, non a a torto,  e i cinque stelle, per motivi diversi,andrebbe in scena un miscuglio di lepenismo, perbenismo, fascismo,liberalismo peggio di quello del ’94: scenario peggiore.

Se vincessero i cinque stelle sarebbe il trionfo dell’incompetenza, dicono destra e sinistra: provare per credere che Grillo è peggiore di Stalin o di Mussolini…

Se vincesse la coalizione Pd, difficile anzi improbabile,saremmo davanti all’ennesimo governo semi – tecnico del presidente con eventuali alleanze, che tirerà a campare fra i salti mortali delle anime morte della democrazia consociativa.

In compenso nessuno governerebbe non avendo i numeri, cioè i seggi in Parlamento per fare una maggioranza sostenibile, compatibile con l’Europa,con il Pil, con il raking dei mercati, ma soprattutto con la nuova legge elettorale.

Così, davanti all’ennesima emergenza nazionale,  che non lo è visto che la legislatura è finita, gli elettori che non votano,  che potrebbero oscillare dai 12 ai 15 milioni, sarebbero i colpevoli dello scasso nazionale.

Sempre secondo  quelli che il voto salva la democrazia percepita come possibilità di esprimere il proprio voto, ( non è poco, si è lordato di sangue i muri e le porte per votare da parte della classe operaia e delle donne….ma non basta)

Le elezioni, infatti, sono sovrastimate sempre prima del voto, sono viste come l’ultima possibilità di salvare il salvabile nella devastazione generale delle menti.

Dopo il voto, vista l’omologazione della politica al mantenimento di se stessa come classe dirigente, le promesse di salvazione dell’Italia un po’ opulenta, senz’altro impoverita, un po’ stracciona, un po’ mafiosa,un po’ tanto fascista, e poco o pochissimo socialdemocratica,in senso etimologico e non come Seconda internazionale, si dovrà per forza fare di necessità virtu’.

Sto cercando di fare un discorso realistico: solo i cinque stelle, a parole, secondo programma, promettono una mezza rivoluzione di velluto.

E’ anche evidente che, per chi ha una cultura genericamente di sinistra, queste elezioni  vuote da ogni punto di vista, richiamano alla Repubblica di Weimar ( con debite differenze, ovvio), quando la democrazia fu messa in discussione dalla estrema destra nazionalista.

Ho personalmente nostalgia  di una sinistra davvero radicale, dalla ingenuità erudita, dalla polemica non calcolata, supportata da uno slancio di vita e di cultura della polis, che non sia un minestrone di cose da fare da trent’anni e mai fatte.

Mi affascinava la rappresentazione teatrale di mondi  che si dibattevano per universi inesplorati e di nuove possibilità dello stare insieme.

Utopie, metafore, declamazioni, cortei rabbiosi, la libertà delle donne, l’emancipazione degli operai, l’indecenza dell’arroganza giovanile che voleva cose improbabili, ma che credeva in quello che faceva.

Andrò a votare, e non è detto che voterò. Qualcosa mi inventerò.

La linea di demarcazione per i normalmente democratici di sinistra dovrebbe essere  la lotta contro il fascismo per una società democratica, reale nei valori umani.

Non mi aspetto niente, solo un inevitabile caos in caso di vittoria dei nuovi fascismi, oppure di vittoria dei cinque stelle ( a torto secondo me).