Negli anni settanta, quando i fascisti erano il braccio armato della controrivoluzione, così si diceva,quando una parte dello stato ( Carabineri e Polizia compresi, ovvio) stava dalla parte degli anticomunisti, la sinistra extraparlamentare aveva coniato uno slogan non certo incruento:
le sedi del fascio si chiudono con il fuoco, anche se questo è ancora troppo poco.
Qualcuno, oggi, preso dall’antifascismo di questi giorni, lo ripropone come fosse uno slogan da stadio senza rendersi conto di quello che dice.
Anche se la rabbia contro il fascismo, ( vista la storia patria), è più che giustificata.
Erano tempi di guerra civile strisciante quelli, vera prosecuzione della guerra civile del 1943 – 1945.
I partigiani erano ancora in vita,la classe operaia scioperava contro i fascisti,l’uso della forza e l’armamento delle masse erano parole d’ordine per una parte del movimento.
Su queste cose non solo c’è riserbo, ma c’è un vero e proprio oblio storico da destra, ma anche da sinistra, che sinceramente non hanno mai fatto i conti con quegli anni.
Oggi i tafferugli quasi quotidiani con la polizia in occasione dei comizi nazi – fascisti da parte della sinistra antagonista sono quindi la conseguenza del ritorno della psico – ideologia fascista e razzista che inquina l’Italia e fa proseliti ben maggiori in tutta Europa.
Quando si parla di neofascisti alcuni storici da strapazzo, infatti, si rifanno al 1922, al 1943, mai agli anni dello stragismo e agli anni di piombo.
Quella fu la più grande tragedia italiana del dopoguerra che iniziò con la strage di Piazza Fontana e si concluse con il sequestro Moro e il suo assassinio.
Purtroppo fra la mia generazione, nessuno temeva di perdere il vitalizio a scontarsi con i fascisti e la reazione.
Non eravamo degli eroi, la consapevolezza dello scontro significava coscienza di classe. e partecipazione politica sana e generosa.( oggi i vari Capanna – boys hanno miseramente rinnegato loro stessi).
Se la rivoluzione non è un pranzo di gala, pure l’antifascismo non può esserlo sempre. Però, tornare all’antifascismo ” MILITARE” è inopportuno: se non si è provocati, dovrebbero pensarci le istituzioni a limitare con le leggi l’illegalità “repubblichina”.
Anche se l’uso della forza, non della violenza del colpo su colpo, ( non vale la pena,) a volte significa difendere dei valori sacri e universali di giustizia e libertà.
Sara’ una frase fatta, ma l’antifascismo c’è quando c’è una diffusa coscienza democratica.
Non mi pare sia il caso di oggi, purtroppo, dove chi ha seminato vento vuole raccogliere tempesta ( la Lega in primis), compatibilmente con la rimozione della memoria storica e la raccolta di voti anticomunisti doc.
Negli anni della crisi chi ha riportato indietro le lancette della storia sono i nazi leghisti, i razzisti, i criminali della borghesia reazionaria, con le loro menzogne sulla nuova classe operaia che è composta nella maggior parte da immigrati che il più delle volte lavorano con salari da fame.
Dividere il problema del razzismo e dell’emigrazione dall’emancipazione del proletariato è perdente per la democrazia, non solo per la sinistra.
Per questo un cuoco metaforico basterebbe per chiudere le sedi del fascio.
Praticare la accoglienza, la solidarietà, la comprensione dell’altrui disgrazia, invito alla mensa comune della pace in terra, rispetto e fratellanza reciproca fra italiani e non, potrebbero svuotare le fonti dell’odio.
Il volontariato laico e cattolico, la pratica spontanea dei centri sociali, i comitati per l’accoglienza, la lotta per la distribuzione della ricchezza sono già delle realtà umanitarie e politiche.
Il messaggio di una cultura antagonista è antitetico al fascismo di matrice endogena e pure di matrice esogena, Questo non vuol dire che non si possa usare l’autodifesa della civiltà contro il Male assoluto.
La banalizzazione di questi valori significa la fine della democrazia conquistata che è costata già un oceano di lacrime e lutti.
Rispondi