Il reazionario americano Tom Wolfe nel 1970 coniò l’espressione, oggi ritornata molto in voga di ” RADICAL CHIC .
I ricchi americani che sostenevano pantere nere e movimenti libertari lo avevano ispirato: quei ricchi che sostenevano i poveri “offrivano champagne a chi li avrebbe impiccati”.
A parte che Tom, ( uno de loro), non ricorda che all’inizio degli anni settanta uno slogan era emblematico del rapporto fra sinistra e ricchi con lo slogan :
“Cosa bevono i padroni?
Champagne.
Cosa gli diamo noi, Molotov!!!! ( Feltrinelli era un radical chic?)
Poi si sa come sono andate le cose, chi tira la cinghia non tira la molotov, ma neanche beve champagne.
Michele Serra, che forse si sente indirettamente tirato in ballo nella polemica contro i radical chic, rei di aver tradito il popolo, sottolinea su Repubblica che se i ricchi di sinistra hanno fatto poco per il popolo, i ricchi di destra hanno fatto di peggio.
Anche qui il mondo si è capovolto, oppure gli umani hanno la memoria corta.
Tutti i movimenti radicali hanno detestato, a parole, i ricchi.
Adolf Hitler odiava i ricchi di sinistra, ebrei,che avevano affamato il popolo tedesco, Mussolini all’inizio era un socialista anti-borghese, Stalin portò i ricchi proprietari terrieri nei Gulag, oppure più semplicemente li sterminò.
Anche il cristianesimo, e tutti lo sanno, preferiva i poveri ai ricchi..
Per cui la figura retorica e fenomenica del radical chic,oggi oggettivatasi in quella classe dirigente che sorseggia champagne aspettando la rivoluzione altrui, è l’altra faccia della medaglia di quella borghesia reazionaria e miliardaria che si presenta come il capitano del popolo degli ultimi.( Trump, Berlusconi davanti a tutti)
La questione di classe rimane.
La borghesia capitalista e imperialista difficilmente può avere un colore politico,però è anche vero che non si può generalizzare.
Il vero problema, disgustoso e offensivo per noi comuni mortali è sempre quello:ci sonio manifestazioni di privilegio da parte dei radical chic non accettabili manco dagli ultimi degli asini filantropi.
Ostentazione di ristoranti di lusso, di cravatte di lusso, di macchine di lusso, frivolezze e stupidità di vario tenore, unite sempre ad un grido di dolore per gli ultimi.
Non è vero, come sostiene Serra, che il termine radical chic lo usi solo la destra reazionaria.
Frequentando la gente comune, si accorgerebbe quanti voti ( milioni) sono stati persi a sinistra per l’atteggiamento dei guru della sinistra agiata, che hanno speculato sulla forza lavoro.
L’ideologia del superfluo, dell’armiamoci e partite, del potere a tutti i costi, ha reso il radicalismo chic e benestante di sinistra abbastanza odioso.
Soprattutto quando fa la morale al consumismo del popolo, orfano di ideologia.
I comunisti, ricchi, dovrebbero avere più rispetto del buon senso e del buon gusto, se han fatto il soldi a danno degli ultimi, se ne stiano almeno zitti.
Tanto a tavola i piatti sono sempre quelli: i ricchi assaggiano i poveri mangiano.
Fra un ricco capitalista di sinistra e uno di destra può darsi che il primo sia un buffone che sfrutta la rendita a danno del capitale e forza lavoro, e uno di destra che ce la mette tutta per far quadrare il bilancio fra il suo capitale e il salario dei suoi dipendenti.
Quanti radical chic ci sono nel partito comunista cinese?
Quanti in quello cubano?
In che lusso viveva Joseph Tito?
Ma questi avevano fatto rivoluzioni, avevano cambiato la storia.
Il radicalismo di oggi è solo un atteggiamento chic di chi non vuole perdere manco un pranzo di gala, senza aver fatto nessuna rivoluzione.
Peggio però dei ” socialisti dalle tasche buche” sono i servi del socialismo dal volto umano: moderato, civile,perbenista, illuminato, con il complesso di colpa della propria inutilità storica.
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