Ad un certo punto volevo andare a votare per il referendum sull’autonomia.

Non sull’autonomia della Lombardia, non sull’autonomia di Milano, ma sull’autonomia della cerchia dei navigli fino alla circolazione esterna, che è il cuore pulsante di tutta l’economia italiana, lombarda e milanese.

Come si permettono quelli di Quarto Oggiaro e del Giambellino di vivere sulle spalle di noi, poveri sfruttati della cerchia dei navigli…

Poi i risultati dei referendum consultivi del Lombardo – Veneto, con   il 39% e flop elettronico di Maroni e il 57% con attacco hacker di Zaia,  mi ha fatto capire che la strada era sbagliata:

Voglio essere da subito apolide o meglio cittadino del mondo.

La campagna elettorale della Lega, camuffata da referendum, ha funzionato.

L’Europa delle nazioni, dei popoli, delle regioni, delle province, dei comuni, dei quartieri, delle piazze, delle vie ha trionfato.

Come al solito basterebbe applicare la normativa vigente in fatto di autonomia, ma  costa poco e non è per niente spettacolare. ( art.116 già attuato in Emilia – Romagna).

Per la Catalogna. invece, il discorso è diverso.

Non è che non si faccia su serio a Barcellona.

E’ che il plebiscito – referendum  sulla secessione di domenica 1 ottobre non ha superato il 40% dei votanti, mentre il governo Rajoy, può contare sul sostegno del popolo spagnolo.

Il pugno forte di Rajoy è bollato come franchista e fascista.

Sarà così,  dall’esterno è difficile giudicare anche se il governo spagnolo non sembra brillare per capacità di dialogo.

Conoscenti che vivono a Barcellona riferiscono che nei quartieri operai dove abitano lavoratori andalusi o di altre regioni della Spagna le bandiere a finestre e balconi sono unioniste, non catalane.

In effetti non è che irlandesi, corsi, baschi, i tre paesi che per vent’anni hanno combattuto anche in senso militare per la secessione dal Regno Unito, dalla Francia e dalla Spagna, fossero meno intelligenti dei catalani.

Entrambi gli schieramenti si accusano a vicenda di colpo di stato.

In generale i catalani hanno un tenore di vita non inferiore agli standard europei, Barcellona è città internazionale, nulla manca al desiderio di fare da soli. e questo di per sè fa parte dell’autodeterminazione dei popoli

La mazzata, però, è arrivata.

Con l’applicazione dell’art.155 di fatto la regione catalana perderà quell’autonomia che era considerata poca cosa, rispetto all’indipendenza.

E sarebbe davvero il caos, con uno stato spagnolo ( il re e il governo centrale) che non riconosce lo stato catalano, ancora da farsi,ma che si appresta a controllare polizia, stampa e televisione attraverso eventuali commissariamenti decisi dal Senato entro venerdì.

Con tutte le conseguenze del caso.

Ma noi della cerchia dei navigli siamo pronti alla secessione.