Dispiace citare la famosa frase di Hegel per ricordare che è la guerra e non la pace lo stato naturale dell’Uomo.

Già Eraclito parlava di ” Polemos padre di tutte le cose”, per non parlare di Hobbes che nella guerra vedeva lo stato di natura e di barbarie dell’uomo.

La caduta di Raqqa, capitale dell’Isis, i duemila civili morti nella battaglia,il massacro di ragazzini che non hanno colpe, ma che abbracciano un mitra, hanno messo sul piatto del banchetto dell’informazione che, insomma, la guerra è una cosa brutta, ma inevitabile, in certe circostanze.

Ai curdi che hanno partecipato al contenimento dell’Isis, l’Iraq, e la Turchia hanno risposto picche al referendum nel Kurdistan del 25 settembre: come dire adesso facciamo un altra guerra contro l’indipendentismo curdo, cosicchè la vita continua.

Il problema è, che quando l’ombra della guerra viene da noi con il terrorismo islamico, si grida alla carneficina indiscriminata, che è un moto istintivo e giusto di reazione ad una violenza che non ti aspetti e che ti tocca.

Il modo migliore di fare una guerra è quello di trarne profitto senza sporcarsi le mani di sangue, senza gridare di dolore per la morte dei propri cari, senza subire le vessazioni da parte dei vincitori.

In questo le classi dominanti,  soprattutto la borghesia imperialista, è sempre stata maestra dell’arte del conflitto,del parlare di pace vendendo armi, ingolfando i cimiteri di morti innocenti sperando di ingolfare poi i conti in banca.

Questa non è l’ennesima scoperta dell’acqua calda, nè il grido di dolore impotente di un pessimismo di maniera, ma la constatazione che stare nella contraddizione fra bene e male, fra  pace e guerra, è la condizione degli uomini pensanti, e non degli assassini benpensanti.

Chi snobba la pace che oggi gratifica l’Europa, chi non si prodiga per costruire la pace anche con la determinazione della forza ( guerra ai guerrafondai),chiude le porte alla civiltà per nascondersi nella misera ed angusta sicurezza del proprio nazionalismo.