E’ morta Erika, la donna di 38 anni calpestata a Torino nel fuggi fuggi generale nella serata del 3 giugno, finale di Champions fra Juve e Real
E’ un tipico caso di banalità del male,: un falso allarme, panico generale, 1527 feriti di cui tre gravi.
Ora che ci è scappato il morto, la notizia, nulla oggi scappa alla mass-mediologia della tragedia quotidiana, sarà di attualità solo per la bagarre politica.
In fondo che cosa sono 1527 feriti, un morto in una sera di fine primavera davanti ai disastri di terremoti, di incendi londinesi di grattacieli ad edilizia popolare, ad incidenti quotidiani in tutti i settori della vita civile?
Quella di Torino con un maxischermo davanti a cui si erano accalcate 30.000 persone in piazza s. Carlo, con venditori abusivi di bottiglie di birra in vetro, con pochissime vie di fuga, con un bambino cinese che pure lui ha rischiato di morire, non è stata una vera tragedia.
Quella sera la vera tragedia è stata la sconfitta della Juve
La sindaco Appendino in tribuna a Cardiff, con la questura che bacchetta i migranti, ma non interviene contro i venditori abusivi di bevande con bottiglie di vetro, con l’euforia degli anti -juventini che vedevano sconfitta la Juve, hanno di fatto cancellato la tragedia della sciatteria organizzativa.
In Italia, nessuno pagherà la morte della povera Erika.
Ci sarà il solito rimbalzo di responsabilità, ci saranno le inchieste della procura, ci sarà che i Cinque stelle diranno che il sindaco non c’entra niente, mentre se fosse capitato ad un sindaco del Pd o altro, sarebbe stato giudicato come un criminale di guerra.
La morale ormai è diventata un incidente di percorso sulla vita delle persone, un’esitazione colpevole a non compiere il male, un indecisione della coscienza fuori dai tempi.
Il risultato di quella notte maledetta rimarrà nel tempo. Più per l”arroganza di chi aveva in testa solo il calcio, che per il dolore collettivo di una tragedia sfiorata.
Ma non per Erika e la sua famiglia.
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