Giuseppe Stalin faceva paura anche ad Adolf Hitler, per questo milioni di proletari piansero al suo funerale.

Di statistiche se ne intendeva.

25 milioni i morti dell’Unione Sovietica, nella seconda guerra mondiale, ad opera dei nazi fascisti,  decine di milioni le vittime delle purghe, dei gulag, delle violenza nel periodo staliniano, contro oppositori di destra e di sinistra del socialismo in un solo paese.

Quando, però, parlava della morte, era di un cinismo e di un realismo sconcertanti.

Se guardiamo al ragazzo massacrato ad Alatri fuori dalla discoteca, oppure alla tragedia di Trento dove un padre ammazza i figli e si suicida per questioni finanziarie,la vita  ci sembra ridotta allo stato di barbarie.

Ma non è assolutamente vero, che oggi sia così, mentre ieri eravamo nel Paradiso dell’armonia terrena.

Le violenze sulle donne che sono pura barbarie ,come le violenze di 15 enni che seviziano un ragazzino di 11 anni, un secolo fa, ma anche meno, potevano anche essere la vita di tutti i giorni.

Il “sempre” del regno degli uomini è la violenza, non l’amore.

Il giorno prima di Alatri,però, gli americani hanno ammesso che i 200 morti a Mosul, nel bombardamento di un ospedale scambiato per un covo di terroristi, era opera loro.

E orrende carneficine, in nome della storia, avvengono da sempre in tutto il mondo e, come ricordava Giuseppe Stalin, finiscono solo tra l’elenco delle statistiche.

La violenza ” storica” è però vista con giustificazione finalistica, cioè come filosofia della storia.

I milioni di morti della prima guerra mondiale sono visti attraverso le lenti di un discorso storico che chiama, correttamente quella guerra, lotta fra nazioni e imperialismi.

La seconda guerra mondiale è vista, e giustamente, come il trionfo dell’antifascismo e della libertà.

La storia ha bisogno del sangue dei martiri, dei rivoluzionari, dei buoni diventati cattivi se hai perso e dei cattivi diventati buoni se hai vinto.O viceversa.

La morte del ragazzo di Alatri, invece, è quella morte da sabato sera, oppure da partita di calcio, che è considerata un normale effetto collaterale del nostro modo di fraintendere la vita.

La vogliamo allontanare perchè ci è troppo vicina, familiare, quasi compagna di strada di una vita regolata dallo spettacolo della violenza e della morte, dove i selfie si fanno anche a chi ha perso tutto e piange.

Stupri, violenze di gruppo, risse da stadio, insulti feroci fra vegani e carnivori, fra bianchi e neri, fra italiani e stranieri sono il pane quotidiano della democrazia del web.

Pretendiamo sempre che dietro il male ci sia un” perchè”,una verità.

Molte volte c’è solo malvagità, odio dell’altro: cose purtroppo che non si possono debellare del tutto.

Applicando la legge degli uomini e il conforto sincero per le vittime si ristabilisce almeno la civiltà degli uomini sulle bestie.

La coca in discoteca,i buttafuori che picchiano per un nonnulla,la logica del branco sono modi di essere che, se non c’è il morto, non interessano a nessuno.

L’omertà e la reticenza, poi, sono diventati modi per dire ” fatti i fatti tuoi e vivi tranquillo”.

Oggi che si può sapere in tempo reale tutto di tutti, è ovvio che non ci sia più nessuna certezza( cfr. E: SEVERINO E L’articolo sulla nulla).