Brano tratto dall’ebook Operazione Barbarossa…di Pierluigi Raccagni,gratuito dal 25 al 29 gennaio
- LA SACCA DI KIEV
Kiev fu meno fortunata della capitale.
I sovietici, proprio perché prevedevano che l’attacco principale della Wehrmacht avvenisse verso Sud, avevano ammassato in Ucraina le ec- cellenze dell’Armata Rossa.
Il responsabile del “misfatto “fu un maresciallo cosacco che con cariche massicce di carri armati si proponeva l’eroica, quanto velleitaria, salvezza dell’Ucraina dalla barbarie dei panzer nazisti.
La confusione, però, regnava anche negli alti comandi sovietici.
Stalin era convinto che Kiev andasse difesa ad oltranza, mentre Zukov, il migliore dei suoi generali, aveva avvertito il grande capo che bisognava immediatamente abbandonare Kiev per evitare l’accerchiamento.
Già ai primi d’agosto il gruppo d’armate di Von Rundstedt, con l’ap- poggio di romeni e ungheresi, aveva catturato 100.000 soldati intrappo- lati nella sacca di Humań.
Il generale Semën Michajlovič Budënnyj, compagno d’armi di Stalin, che non era certo stato all’altezza della situazione, fu rimosso dall’incarico, quando il danno era già stato fatto.
Da Mosca venne l’ordine di resistere.
Timošenko, che aveva preso il posto di Budënnyj, si convinse che non vi era altro da fare che ritirarsi; mandò un ufficiale in aereo a portare l’ordine alle truppe accerchiate, ma il generale Michail Petrovič Kirponos si rifiutò di prestarvi fede, ritardando di fatto le operazioni di ritirata.
La congiunzione del gruppo corazzato tedesco proveniente da Nord con quello proveniente da Sud fu fatale per la città di Kiev, gruppi di sbandati si aprirono la strada combattendo, ma più di mezzo milione di uomini dell’Armata Rossa furono uccisi o catturati dalle forze tedesche.
“Il 19 settembre i fanti del XXIX corpo d’armata inquadrati nella Sesta Armata occuparono Kiev.
Il 26 settembre l’immane battaglia era finita. Cinque armate sovietiche erano state distrutte completamente e altre due in buona parte. Un mi- lione di russi erano morti, feriti, dispersi o prigionieri (…)
Ecco il bilancio numerico della battaglia: 665.000 prigionieri 3.718 cannoni, 884 carri armati, e una incredibile quantità di materiale bellico di ogni genere (…) la storia non aveva conosciuto fino ad allora una battaglia di simili dimensioni: cinque armate distrutte. Cinque armate! La vittoria trovava la sua origine nella perizia superiore dei comandi tedeschi, nell’audace strategia di movimento, e nella tenacia infaticabile della truppa”.
Cfr. Paul Carell, op. cit. pag. 149
Paul Carell, alias Paul Schmidt, esaltò la magnificenza delle truppe tedesche, dal punto di vista militare.
E ciò non fa una grinza.
Kiev, però, non fu solo un capolavoro di tattica militare, fu anche un capolavoro di fredda criminalità da parte della Wehrmacht: “Il gruppo armate Sud affamò Kharkiv e Kiev, che erano state capitali dell’Ucraina (…)
Ostinatamente fedele al Generalplan Ost, Hitler voleva che la città venisse demolita. Ma i comandanti sul campo avevano bisogno del ponte sul fiume Dnepr per continuare l’avanzata verso Est, perciò alla fine irruppero nella città.
Il 30 settembre gli occupanti proibirono i rifornimenti di cibo. La logica che soggiaceva a questa decisione era che il cibo della campagna doveva rimanervi per essere raccolto, in seguito, da un’autorità civile tedesca d’occupazione. Ma i contadini dei dintorni trovarono il modo di entrare a Kiev e distribuire la merce. I tedeschi non furono capaci di isolare la città come invece avevano fatto i sovietici nel 1933”.
Cfr. Timothy Snyder, Terre di sangue, l’Europa nella morsa di Hitler e Stalin, Milano 2011, pag. 206
Stalin nel 1933 aveva affamato l’Ucraina uccidendo in pratica 3 milioni di persone, ora i tedeschi, aiutati da milizie Ucraine nazionaliste si preparavano a far mattanza di ebrei e comunisti.
“Al di là dei tavoli gli ebrei con addosso solo la biancheria tremavano di freddo (…)
Dei Polizei ucraini separavano gli uomini e i ragazzi dalle donne e dai bambini piccoli (…)
Molti ebrei, camminando, intonavano canti religiosi, pochi tentavano di fuggire e quei pochi venivano subito bloccati dal cordone di sicurezza e abbattuti: dalla cresta si udivano distintamente le raffiche, so- prattutto le donne cominciavano a farsi prendere dal panico. Ma non potevano fare niente.
Li dividevano in gruppetti e un sottufficiale seduto ad un tavolo li contava: poi i nostri Ascari li prendevano e li portavano sul ciglio del burrone (…) Gli ”imballatori” ucraini trascinavano il loro carico verso quei mucchi e li costringevano a sdraiarvisi sopra e accanto: allora gli uomini del plotone si facevano avanti e passavano lungo le file di persone seminude sdraiate, sparando a ciascuna un colpo di mitraglietta alla nuca”.
Cfr. Jonathan Littell, Le benevole, op. cit. pagg. 123, 124
Il collaborazionismo dei nazionalisti anticomunisti ucraini in questa cir- costanza portò la barbarie nazista alla solenne ouverture della solu- zione finale: il morbo del nazifascismo non ottenebrava solo le menti di una parte cospicua del popolo del Terzo Reich, ma anche quelle dei popoli schiavizzati e ritenuti inferiori.
Per non finire loro stessi con un colpo alla nuca, in una fossa comune, collaborazionisti criminali e fascisti lituani, ucraini, ungheresi, romeni faranno a gara nel massacrare militanti comunisti e democratici e soprattutto ebrei.
La Wehrmacht, la Gestapo e le SS erano felici di tale bad company. “(…) i tedeschi fermavano gli ebrei per strada o li prelevavano dalle case e li obbligavano a lavorare nelle prigioni. Al loro arresto partecipava anche la polizia ucraina appena costituita…Ogni mattina circa mille ebrei venivano presi e distribuiti nelle tre carceri. Alcuni venivano messi a spaccare il cemento e a riesumare i cadaveri. Altri venivano fucilati nei cortiletti interni delle prigioni (…)
A questo spettacolo brutale partecipavano gli ariani di L’vov. Vagavano a frotte nei corridoi e cortili godendosi le sofferenze degli ebrei”.
Cfr. Richard Rhodes, Gli specialisti della morte, op. cit. pag. 69

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