Non si può,pure in un tempo come questo infestato da pandemie e guerre, dimenticare l’assassinio di Fausto e Iaio per mano dei fascisti 44 anni fa.

Per me, che ero il professore di Fausto Tinelli al liceo artistico di via Hajech quasi impossibile.

Come già ricordato tante volte a Fausto e Iaio più che la mia militanza in Lotta Continua interessava il reciproco interesse per il blues e il rock degli anni settanta.

Si scorda, oggi, in tempi di revival della guerra fredda, che negli anni settanta era, per moltissimi giovani, più interessante spezzare il pane delle band musicali,che discutere sui 21 punti di Mosca.

La guerra civile di allora fra forze della reazione fascista e movimento giovanile libertario ed extraparlamentare aveva già seminato sangue e morte nelle stragi di stato,negli scontri con la polizia,negli agguati reciproci fra le parti in causa.

E poi quel 18 marzo era davvero speciale.

Due giorni prima c’era stato il rapimento Moro,l’uccisione della scorta, il lungo 68′ non finiva con una rivoluzione liberatrice, ma con una restaurazione che sapeva di caos, di partito armato, di servizi segreti.

E il pagherete caro pagherete tutto che si gridava nei cortei era un grido di battaglia, di rabbia di ricerca dei colpevoli che si stava spegnendo.

Rimaneva la rima baciata del pagherete tutto e delle nostre bandiere a lutto che non è mai tramontata: ad oggi nessun colpevole per la morte dei ragazzi.

Lo diciamo ogni anno,ne abbiamo fatto una questione di giustizia originaria incontestabile.

Sopattutto non hanno pagato i fascisti di allora riciclati in mille occasioni elettorali e ben presenti nel tessuto sociale.

Sarebbe il tempo di dimenticare, non solo per la Storia, il tempo è una medicina.

Ma il risarcimento per le vittime e i familiari non è mai stata vendetta: ma un atto di giustizia universale