A Giuseppe Stalin piacevano i lupi.

Li disegnava sui taccuini, sui quali annotava le dichiarazioni dei membri del soviet supremo.

“L’uomo d’acciaio” prediligeva il bosco, le foreste georgiane, o la selvaggia e infinita steppa dove la vita a trenta gradi sottozero era un’avventura del socialismo reale.

Ma perlomeno la sua crudeltà trovava la giustificazione nel machiavellico: il fine giustifica i mezzi.

La visione staliniana della vita dell’ homo homini lupus non è attraente, è ferocemente pratica e insieme dispotica,oppressiva e poliziesca.

Il grande Leviatano, il mostro biblico era lui:il capo branco era lui, con facoltà di vita e di morte degli animali del bosco.

E il bosco si tinse di rosso di milioni di dissidenti, anche di socialisti,anarchici, trotskysti che avevano esercitato l’eresia nella Chiesa del Cremlino.

Sono tanti oggi,anche di una sinistra sedicente riformista istituzionale,quelli che vogliono prendere il controllo del bosco pur avendo paura dei lupi.

Sono quelli che non vogliono saperne di affrontare i veri problemi del Paese, perché il cambiamento potrebbe nuocere ai loro interessi.

Fanno politica,fanno i governanti, fanno quelli che fingono di cambiare il mondo.

Poi, se tocchi loro uno straccio di privilegio,gridano al lupo,al lupo.

E i lupi,tutti lo sappiamo,fanno il loro.

Come tutti gli animali selvatici controllano il territorio,

Come tutta la classe al comando controlla il proprio bosco di caccia.

Il bosco del Potere è pieno di lupi che hanno il privilegio di sopraffazione verso chi è debole di cimentarsi con la ferocia della vita.

Un proverbio sassone recita: “Pellegrino, pellegrino se il cane ulula non uscire di casa”.

Star della politica,gente arrivata,giornalisti di grido,affaristi importanti,attenti al lupo concorrente travestito da immigrato,debito pubblico,ma soprattutto da virus pandemico ultimo modello.

Se ne avete paura, come minimo, cambiate mestiere.