Quando Ciano andò a fare visita al cavaliere d’Italia, Benito Mussolini a palazzo Venezia, il Duce prima disse al genero che non sarebbe entrato in guerra, poi che l’onore lo obbligava a marciare con la Germania. Sembrano lontani i tempi in cui Mussolini diceva con aria di sfida e superiorità che i ministri del suo governo “erano una lampadina elettrica, io l’accendo e la spengo a mia volontà.”

A Palazzo Venezia mancava ogni tipo di decisione.

14 agosto

Ciano scrive nei suoi diari” Trovo Mussolini pensoso. Io non esito ad eccitare in lui ogni reazione antigermanica e con ogni mezzo. Gli parlo del suo prestigio scosso e della sua posizione di secondo poco brillante e soprattutto gli consegno una documentazione che prova la mala fede germanica nella questione polacca. L’alleanza è stata conclusa su premesse che essi rinnegano adesso, sono essi i traditori e non dobbiamo avere scrupoli a piantarli in asso. Ma Mussolini ne ha ancora molti”.

15 agosto

Mussolini e Ciano discussero sei ore, e Ciano annotò: “Il Duce è entrato nell’ordine di idee che è impossibile marciare a occhi bendati con la Germania…”.

Mussolini e Ciano si trovavano su posizioni differenti: Ciano, offeso dalla malafede dei tedeschi che una ne dicevano e cento ne combinavano, era decisamente contro l’alleanza coi nazisti, il Duce non vedeva alternativa a quell’accettazione.

Il clima a Roma era ottimo. Come annotò cinicamente Ciano, anche gli pseudo guerrafondai come Starace e Alfieri si alzarono dal tavolo della riunione soddisfatti a tal punto da ringraziare il genero del Duce per aver reso un ottimo servizio al paese.

Eravamo alla solita commedia e per ora tutto filava liscio.

Mentre si stava svolgendo il consiglio dei ministri giunse una nuova lettera di Hitler a Mussolini. Era meglio leggerla attentamente quella lettera, tanto per non farsi prendere da facili entusiasmi.

Hitler scrive in pratica che sosterrà la lotta con tutto il fanatismo di cui è capace il popolo tedesco. Poi ringrazia Mussolini per la sua opera mediatrice, che non è servita a nulla per la malafede del governo polacco, che avrebbe potuto mediare in qualsiasi momento.

Infine il solito ritornello del criminale mentitore: i tedeschi in Polonia sono stati maltrattati, mentre in Germania ai polacchi non è stato fatto niente…

Abbiamo già parlato dell’atmosfera berlinese che contrastava con l’en- tusiasmo dei leader nazisti.

Alla sera durante l’allarme aereo la gente riparava nei rifugi, appena finiti di costruire quel pomeriggio; mancava spirito di corpo, c’erano velate, poi non tanto, critiche a chi aveva portato la Germania ad una nuova guerra.

E la Gestapo aveva il suo bel daffare a zittire i malumori.

I berlinesi si godevano la fine dell’estate, ma i volti sorridenti erano davvero pochi: tutti si chiedevano cosa avrebbero fatto Francia e Inghilterra.

Insomma a Berlino non si scatenò nessuna febbre bellica, nessuna ecci- tazione. Si noti il paradosso. Quando l’Italia entrerà in guerra vi sarà l’adunata oceanica in piazza Venezia, il discorso di Mussolini è passato alla storia…

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