La sentenza di primo grado sulla tragedia dell’ex Ilva di Taranto che ha seminato per decenni tumore e morte fra i lavoratori dell’acciaieria, gli abitanti del quartiere Tamburi e in tutto il territorio di Taranto,ha sortito 26 condanne per tre secoli di carcere.
La strage di stato della transizione capitalistica nel Mezzogiorno d’Italia non ha risparmiato bambini,donne,uomini,animali,vegetazione,mare.
I governi Berlusconi, Monti,Letta,Renzi sulla emissioni cancerogene non hanno fatto quasi nulla.
Trasformare la più grande acciaieria d’Europa in un parco divertimenti o in un un museo archeologico industriale,modello Ruhr tedesca ,in alternativa alla produzione cancerogena, proposta da Beppe Grillo,era una battuta delle tante del comico M5S.
Sulla dicotomia lavoro – salute vi è poco da analizzare.
Sono decenni che comitati,sindacati di base,ambientalisti,scienziati,medici sottolineano che tra lavoro e cancro e’ meglio il lavoro in sicurezza per lavoratori e famiglie.
Discorso inutile per gli esperti del Pil che con evidenza non hanno mai vissuto il ricatto: o muori di fame o lavori rischiando il cancro.
L’ex presidente della regione Nicki Vendola,che si è preso 3 anni e mezzo per disastro ambientale, ha le sue fondate ragioni per rivendicare la sua buona fede.
Fu eletto per due mandati a governare la Puglia, pure perché si era opposto alla legge del profitto dei Riva con decretazione ad hoc contro l’inquinamento.
Ma nessuna ragione può fermare il diritto ad un risarcimento storico ai cittadini coinvolti e ai parenti delle vittime che si sono costituiti parte civile.
L’opinione pubblica si è divisa:chi dice che siamo di fronte ad una sentenza storica che mette il disatro ambientale del capitalismo inquinante fra i peccati capitali.
C’è chi critica lo stato e la magistratura, prima per la indifferenza sulla questione,poi per la vendetta verso i privati (i fratelli Riva che hanno rilevato la fabbrica dallo stato).
Il problema, come dicono gli operai intervistati, è che anche ora la fabbrica inquina, anche ora ci si ammala,anche se con la confisca è ritornata azienda di stato.
Le sentenze facciano il loro corso,ti dice la parte lesa, ma intanto si chiudano gli impianti a caldo e non si faccia pagare agli operai i costi della riconversione produttiva in energia pulita.
La chiusura dell’impianto e il ricollocamento di tutti gli operai e lavoratori verso una produzione green sarebbe una soluzione rivoluzionaria che metterebbe in essere la transizione ecologica auspicata coram
populo.
Adesso vediamo di che pasta son fatti il governo, i governi regionali, i sindacati confederali, la Confindustria e le istituzioni che auspicano un futuro per tutti.

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