Quando l’altro ieri si è diffusa la notizia della morte di Diego Armando Maradona il bollettino della diffusione del Covid indicava 722 morti.

Ma il dolore sincero per l’improvvisa scomparsa di quello che viene considerato il miglior calciatore di sempre ha nascosto per un momento l’ansia da Covid in Italia, in Argentina, a Buenos Aires come a Napoli, come in tutto il mondo.

“La mano di Dio” che umiliò l’Inghilterra nel 1986 questa volta ha replicato una delle sue magie.

E’ morto infatti lo stesso giorno nel quale è morto Fidel Castro ( 25 novembre 2016), che per lui fu come un padre e che lo curò a Cuba dalla dipendenza, e lo stesso giorno in cui morì un altro genio maledetto del calcio, quel George Best del Manchester United che fu artefice del 68′ calcistico con i suoi eccessi e le sue follie.

Su Maradona si è scritto un’enciclopedia e si scriveranno milioni di altre pagine.

Eric Cantona, altro giocatore del Manchester U. fuori dal coro ora diventato attore, ha sentenziato che fra cent’anni quando si parlerà di calcio si parlerà di Maradona, così come oggi quando si parla di musica si parla di Mozart….

Tralasciando la solita retorica del post mortem dove tutti da vivi erano essenziali al genere umano e dove moralisti a vanvera si dilettano a tracciare il profilo di un artista dibattuto fra camorra, cocaina e giocate sublimi,( il pessimo Sallusti lo ha definito drogato, evasore fiscale e comunista) si può dire che Diego Armando Maradona sia stato un hombre sincero, generoso e con il cuore dalla parte del mondo dei diseredati da cui proveniva.

Era amico di Fidel Castro con un Che Guevara tatuato sul braccio, non disdegnava il populismo di sinistra.

Ma questo forse è secondario.

Portava il numero dieci e metteva il cielo in un pallone, danzava fra le stelle con il caos nell’anima, era umile, schietto e altruista con la scaltrezza dello scugnizzo che sa ” che il calcio è un inganno, fai una finta e poi vai da un’altra parte”,

Lui, comunque, le stelle le dribblava.

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