Brano tratto da Pierluigi Raccagni, 1939 – 1945 Il racconto della guerra giusta, vol II

SALO’: UNA REPUBBLICA NAZI – FASCISTA

Lo choc per la conquista di Roma da parte degli Alleati, lo sbarco in Normandia di due giorni dopo, l’offensiva sovietica a est verso la Polonia, non potevano lasciare tranquillo Benito Mussolini e il governo fantoccio della Repubblica di Salò.

Il Duce, sempre più ostaggio dei tedeschi, (non aveva nemmeno una linea diretta sul suo telefono personale), si convinse che la repressione della guerra partigiana fosse fondamentale per tentare di difendere quel lumicino di speranza non tanto verso la vittoria finale, quanto per evitare la morte entro il Natale del 1944 del fascismo Repubblicano.

Il tentativo di creare un esercito Repubblicano da parte di Graziani, su ordine di Mussolini, non aveva ottenuto grande successo.

Il generale Graziani si era dato da fare per costituire un esercito con la leva del 1923, ma le diserzioni erano tante, lo spirito poco reattivo, i giovani che disertavano venivano trasferiti dai tedeschi in Germania.

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Il 15 luglio del 1944 Mussolini si mise in viaggio verso Monaco per visitare i campi dove, per concessione tedesca, si erano costituite quattro divisioni italiane.

La visita a Rastenburg era di quelle ufficiali.

Insieme a Mussolini, infatti, viaggiarono Graziani, il figlio Vittorio, il sottosegretario degli esteri Mazzolini, l’ambasciatore a Berlino Anfuso.

Alla comitiva si unirono il feldmaresciallo Keitel, il generale Fromm e altri ufficiali tedeschi.

Il Duce il 17 luglio passò in rivista la Monterosa e l’Italia, il 18 la S. Marco e la Littorio.

E qui Mussolini ebbe un inaspettato tripudio che quasi lo commosse:

“Per un momento gli parve di tornare indietro negli anni, il recente passato di sconfitte e di umiliazioni era cancellato, si rinnovavano i tempi dei trionfi e dei caldi abbracci popolari, dei dialoghi con la folla. Perché i giovani lo accolsero con calore, ebbero la sensazione di vedere in lui qualcosa della patria, l’antico capo in cui avevano creduto e di cui avevano sentito parlare e di cui avevano sentito decantare per anni soltanto vittorie.

Ora era davanti a loro, a testa alta, udivano quella voce intensa, provavano l’orgoglio di sentirsi per la prima volta comandati da un italiano superiore a quei tedeschi a cui erano stati costretti ad ubbidire tacendo (…) Si trattava di veri militari e in quei giorni il loro slancio fu autentico, la dimostrazione di efficienza fornita fu esemplare per compattezza e capacità.

Cfr.Silvio Bertoldi, Soldati a Salò, L’ultimo esercito di Mussolini, Milano 1995, pp.67,68

Mussolini forse aveva fatto un miracolo, convincendo i tedeschi a dare credito al suo carisma e alla sua capacità organizzativa.

Mentre l’esercito del sud di Badoglio era riuscito a racimolare 5.000 coscritti, qui in Baviera il Duce aveva ritrovato un suo esercito, una sua passione, una ragione per continuare a combattere.

Anche in questo caso, però, l’entusiasmo fu passeggero.

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Una volta tornati in Italia quei soldati italiani, orgogliosi di esserlo, dovettero ben presto ricredersi.

Scrive Giorgio Bocca:

“C’è naturalmente il problema delle defezioni: il ritorno in patria è uno shock per i ragazzi: stazioni deserte, spettatori silenziosi, l’aria cupa della guerra civile di cui nessuno gli ha parlato, inviti a fuggire che non capiscono, qualche grido ostile. Alcuni reagiscono con ira, ci sono Alpini della Monterosa che schiaffeggiano dei giovani “per il loro contegno – riferiscono – poco riguardoso verso la truppa”.

Cfr. Giorgio Bocca, la Repubblica di Mussolini, op.cit. pag.273

Tutto questo accadde nel luglio del 1944, il mese dell’attentato al Führer.

Anche la Germania, pensava Mussolini, non era rimasta immune da un colpo di stato contro il suo dittatore.

Mussolini, sempre considerato dai tedeschi l’unico serio italiano in mezzo ad un popolo di traditori, non poteva però rallegrarsene con il sentimento del “mal comune mezzo gaudio”.

La Repubblica era già stata nazificata dal 21 giugno dello stesso anno, quando erano state costituite le “Brigate nere” per decreto dello stesso Mussolini:

“(…) data la situazione che è dominata da un solo decisivo, supremo fattore: quello delle armi e del combattimento, davanti al quale tutti gli altri sono di assai minore importanza, decido che a datare dal 1° luglio la struttura politico – militare del Partito si trasformi in un organismo di tipo esclusivamente militare.

Cfr. Italia drammatica, op. cit.n.40, pag.610

Era una dichiarazione, quella del Duce, che in pratica militarizzava il fascismo e che creava i presupposti per una feroce repressione contro le forze della resistenza, cominciando dal Piemonte, dove il “banditismo” creava grossi problemi anche ai tedeschi.

Era anche l’ammissione dello sfacelo politico delle province del nord, dove la popolazione non aderì al nuovo fascismo