I pastori sardi, quelli dell’inno di Lotta continua, quelli accarezzati dalla musica di De Andrè, quelli che con la barba lunga, e la coppoletta scomposta nei cinegiornali degli anni sessanta erano l’icona dell’Italia povera, sono rimbalzati sui media come un pallina.

Dopo aver versato milioni di litri di latte sulle strade dell’isola sarda,frutto del loro lavoro e sudore,sono stati presi in seria considerazione dal super ministro Salvini che come Mussolini sa fare tutto e si intende di tutto.

Siccome alla lotta si è unita la popolazione tutta, dagli studenti ai minatori ,il Felpa ha paura per l’ordine pubblico, prima delle elezioni in Sardegna.

I pastori sardi chiedono un adeguamento del prezzo che a loro viene pagato dalle aziende casearie di 40 centesimi al litro, passando da 0,60 ad un euro, se no non si ripagano manco le spese.

La giusta lotta per il riconoscimento della propria fatica è drammatica, quando, come in questo caso, si butta un prolungamento della propria esistenza in mezzo alla strada.

Sulle responsabilità della situazione il fronte è aperto: politiche alimentari europee,quote latte,la stessa Sardegna interna non beneficata dal turismo che fa fatica a tirare a campare.

E’ una lotta fra nuovi poveri ,( i poveri in assoluto il latte se lo sognano in metà del quarto mondo e se lo berrebbero anche in strada), che fa parte del primato della città sulla campagna, del mondo surreale dei media contro l’alienazione di alzarsi ogni mattina per non racimolare un euro di latte al litro.

Lascerei a parte  ogni considerazione sul luddismo dei pastori sardi,qui non si tratta di Ned Ludd, che distrusse un telaio meccanico nel 1799, reo di togliere il lavoro a milioni di proletari manifatturieri, ma di mantenere uno spicciolo di dignità nel mondo globalizzato.

Speriamo che il Felpa, porti a casa qualcosa.

Non sono diventato leghista, ma il tanto peggio tanto meglio sul latte versato lo considero un peccato mortale di presunzione.

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