Una frase di  Belushi non può fotografare lo stato d’animo di una generazione davanti alla tragedia in cui versano i valori usciti cinquant’anni fa dal ’68.

E’ troppo bella, ma è anche superficiale e di maniera, metafora che vale per il football americano, il calcio e lo sport in generale, non la vita.

Cosa vuol dire essere duri nella vita?

Accettare il dolore, conviverci, dare un senso alla vita nonostante malattia, solitudine, emarginazione , delusioni.

Per dirla alla Nietzsche: il Superuomo è colui che accetta il dolore del vivere come fosse il sale della vita.

Tanti sono più duri e veri di quelli che appaiono nella sceneggiata della lotta  politica oggi,ad esempio.

Ci sono milioni di donne che tirano avanti con lavoro duro e privazioni, ci sono quelli che denunciano la mafia e vengono lasciati soli, ci sono quelli che si ribellano allo sfruttamento e vengono licenziati, altro che quando  il gioco si fa duro….

Ma se guardiamo a certa sinistra ex rivoluzionaria la frase di Belushi calza a pennello.

Era facile essere “rivoluzionari negli anni settanta”, ora è un po’ più complicato.

A parte l’incoerenza manifesta e stucchevole di certi noti personaggi che hanno abiurato il socialismo per darsi al berlusconismo, al carrierismo, al velleitarismo intellettuale ( non sono comunque personaggi da Collegio di Francia),esiste un massa di sessanta  -settantenni che si è chiusa nella sinistra fru fru che assiste al disastro con il motto ” ai nostri tempi”.

Questi, ovviamente presi da problemi familiari ,( ma anche gli operai ammaestrati dai guru della rivoluzione avevano problemi del tengo famiglia…) sono diventati patetici reducisti, che fanno finta di stare dalla parte dei perdenti, stanno invece benone dalla parte dei vincenti.

E’ un classico che si sta verificando anche con i cinque stelle: dalle barricate ( metafora per i pentastellati), alle balconate la via è breve.

Moralisti, bacchettoni, sconci nel loro qualunquismo di sinistra, sono la sintesi del fallimento della sinistra.

Non lo dico io,( cfr Nessuno mi può giudicare, Caterina Caselli), lo dicono i compagni che hanno tenuto duro in tutti questi decenni.

I veri radical chic sono quelli che hanno cominciato da dire il primo gennaio del 1980 “non siamo più negli anni settanta”.

I nomi? Li conoscono e li conosciamo tutti.

E’ quando il gioco si fa duro che i duri iniziano  giocare per loro vale come battuta negli  apericena democratici.

Stravedevano per Lenin, ma non fanno parte nemmeno del partito dei Belushi.

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